I periodi in cui Isa si ritrovava senza lavoro erano i peggiori. Non solo per ovvie questioni economiche, ma anche perché in genere coincidevano con la stagione invernale, che Isa detestava con tutta la forza del suo cuore tremulo.
Il contratto presso il "Laboratorio di Lotta Biologica ed Integrata alle Zanzare" scadde il trenta settembre duemiladieci. Isa salutò i colleghi con un'abbondante colazione a base di torta al cioccolato, focaccia e dolce al melograno, promise a Cathy e a Iaia che si sarebbero riviste presto e si preparò a trascorrere una lunga stagione nel calore ovattato della sua casa.
«E ti dispiace?» le chiese Luna, incredula.
«Lo sai come va a finire: io penso troppo. E quando penso...» Isa mimò un'esplosione.
Quell'anno, tuttavia, non sarebbe esplosa. Non nel modo consueto.
Ai primi di novembre ricevette la telefonata del direttore di una scuola di formazione professionale della città di A.: la cattedra di italianostoriageografia era scoperta e c'era necessità di reperire entro breve un'insegnante per un pacchetto di cinquecentosettantasei ore, con stipendio piùchedignitosobimestrale e relativo contrattoaprogetto. «Lei sarebbe disponibile?»
Isa rimase senza fiato: non insegnava da diciassette mesi e quarantatré giorni e non era certa di ricordare la giusta ricetta per trasmettereconoscenze-conquistarelafiduciadegliallievi-cercaredinonfarsicoinvolgeretroppoalivelloemozionale. Esitò un istante, il tempo di prendere una boccata d'aria, prima di gettarsi coraggiosamente, ancora una volta, nella chiassosa bolgia della scuola italiana.
Iniziò lunedì quindici novembre. Sveglia alle cinque e trenta, cinquantasette chilometri alla guida della piccola vecchia Ford con la radio alta per sconfiggere la paura insita in ogni nuovo inizio e una pila di buoni libri addormentata sul sedile del passeggero.
«Se non ti trovi bene, potrai sempre rinunciare» le aveva detto il Professore, che in vita sua non si era mai arreso di fronte alle difficoltà.
«E, mi raccomando,» aveva aggiunto Simonetta, la professoressa di Isa al ginnasio, che ben conosceva la cocciutaggine lacrimosa della sua ex-allieva «ricorda che non puoi cambiare il mondo da sola.»
Così, si diceva, ebbe inizio: contrariamente alle esperienze lavorative precedenti, senza alcuna progettazione; la convocazione fu troppo rapida e inaspettata perché Isa potesse riflettere sulle implicazioni di quel particolare tipo di impiego e sui cambiamenti che avrebbe prodotto nella sua vita. Eppure le ore trascorse, giorno dopo giorno, con quei ragazzi scapestrati, non di rado volgari e al contempo privi di ogni difesa avrebbero in qualche modo modificato la sua percezione della realtà - che, fino a quel giorno, era rimasta invischiata fra i malumori del Cappellaio Matto, l'inconsapevole crudeltà di C. e quel poco di conforto donatole dalla lettura e dal morbido affetto dei tre gatti e del fedele Mickey.
Quanto, poi, alla triste storia di Soufiane, quella cominciò (nella sua forma più tragica e caparbia) giovedì due dicembre. Ma di questo si parlerà in seguito...
martedì 23 novembre 2010
lunedì 8 novembre 2010
Esercizi di stile
Le donne si innamorano spesso dell'uomo sbagliato.
D'accordo, non per tutte vale questa regola: alcune sono certo equilibrate, emancipate, rettissime e, dunque, possono interrompere qui e ora la lettura oppure proseguirla ed esserne infastidite.
Non ha importanza, poiché questa pagina è dedicata all'altra categoria: alle Malinconiche, alle Confusionarie, a tutte coloro, insomma, che compiono sempre la scelta sbagliata e si dimostrano incapaci di imparare alcunché dai propri devastanti errori.
Isa ci rifletteva mentre intagliava la sua zucca per la Festa dei Morti.
Non amava Halloween: era una festa troppo pacchiana per i suoi gusti. Gli zombie, le ragnatele finte, i bianchi fantasmini da due soldi appesi alle finestre... Considerava quella paccottiglia di cattivo gusto e rifiutava di imbruttire la sua casa con ragni e zucche di plastica. Preferiva chiudere in casa i gatti (soprattutto Cagliostro: non voleva che facesse la fine del povero gatto nero ritrovato a Tronzano Vercellese nel 2009, con le quattro zampette bloccate con un doppio giro di filo spinato) e dedicarsi ad ascoltare voci e sussurri nelle ore delicate del trapasso, la notte fra il 31 ottobre e il 1° novembre.
Come la sua bisnonna Arcangela, preparava una gustosa zuppa di ceci e ne lasciava un piatto colmo sul tavolo della cucina, per i morti della sua famiglia che sarebbero tornati a ristorarsi, e cambiava le lenzuola nel letto nel caso avessero gradito fare un riposino prima di ripartire.
Quell'anno, però, i gesti con cui Isa intagliava la superficie arancione della grande zucca tradivano un certo nervosismo.
Non riusciva infatti a togliersi dalla mente quanto scritto da Robin Norwood:
Si sentiva in difetto: sapeva bene, infatti, di aver sempre cercato l'approvazione altrui. Fin da bambina (quando si struggeva affinché il Professore fosse orgoglioso di lei) passando attraverso la travagliata adolescenza e il pericoloso amore per Denis.
A tutt'oggi sapeva di non aver fatto il proprio interesse, rivelando a C. il disagio psicologico che provava negli ultimi mesi. («D'accordo, è la crisi del terzo anno... Ma non la risolveremo facendo l'amore o mettendo al mondo un bambino.» «Del resto... non sarei neppure una buona madre.» «Allo stato attuale delle cose no, non credo...») Nel corso delle loro estenuanti discussioni degli ultimi undici mesi, ciò che più aveva desiderato era che C. la giudicasse onesta e virtuosa, che fosse fiero, nonostante tutto, della donna sincera che aveva scelto come convivente.
«Oh, è tutto sbagliato!» esclamò Isa conficcando il coltellino nella polpa umida della zucca.
Al diavolo la soddisfazione di C.! Era della propria felicità che avrebbe dovuto occuparsi! E invece perdeva tempo a centellinare le opinioni altrui: di C., del Cappellaio Matto...
In quel mentre Cagliostro salì sul tavolo e infilò una zampetta sotto la zucca. «Levala o rischierò di farti male...» Il gatto sedette allora composto, le orecchie tese in avanti, la coda che gli circondava il corpo. Qualche istante dopo tornò alla carica, di nuovo allungando la zampa. Isa sorrise accarezzandolo e lasciò che i pensieri deviassero verso l'amore che provava per quella piccola seducente creatura.
Comprese (lo aveva già intuito in passato ma, in quel malinconico pomeriggio autunnale, la consapevolezza fu nitida come una calda giornata estiva) che il legame d'amore che univa reciprocamente lei e i suoi gatti si rafforzava giorno dopo giorno in virtù della discrezione e della dignità che lo caratterizzavano.
Forse è per questo, si disse, che i gatti preferiscono le donne.
Ne aveva parlato anche Jeffrey M. Masson, quando scrisse che i gatti tendono ad andare d'accordo con le donne più che con gli uomini poiché esse, di norma, sono meno autoritarie e inclini a voler stabilire un diritto di possesso sui propri animali [2].
Streghe, zitelle, regine: per secoli, attraverso la storia, centinaia, migliaia di donne senza nome avevano cercato e desiderato la compagnia dei gatti, grate per il silenzio di quell'amore mai soffocante e tuttavia innegabile.
Isa non aveva dubbi che Cagliostro, Clizia ed Emma la amassero e si ritrovava spesso a sorridere, quando si imbatteva nel solito luogo comune secondo cui i gatti amerebbero la loro casa più di qualsiasi essere umano. I gatti, al contrario, la amavano, ricambiati, di un amore discreto, fatto di lunghi sguardi, di tocchi appena accennati e spazi di solitudine ricavati nelle quattro stanze della Casa dei Ranocchi.
Isa sapeva quanto fosse ingiusto accusarla di eccessiva possessività e di petulanza. Non aveva mai voluto possedere il cuore, l'anima e la mente di nessuno: sarebbe stato un onere troppo gravoso, una responsabilità insostenibile e spossante. Piuttosto, anelava a un amore dignitoso per entrambe le parti in causa, che non la gettasse ogni giorno nell'ansia dell'incertezza e che si costituisse, tuttavia, di pochi gesti e poche parole.
Non amava la ridondanza, detestava dover inseguire le persone per ottenere chiarimenti e sincerità. Così spesso vi rinunciava e restava sola in casa, a rimuginare sull'inutilità dei propri sentimenti mal corrisposti.
In genere, a quel punto, dopo essere stata accusata dall'uomo di turno di eccessiva insistenza, si sentiva rinfacciare di essere incostante, volubile. «Perché non parli, perché fuggi? Ti sei già stancata?»
Stancata! E se avessero avuto ragione loro, gli uomini? Dopo tanti anni, non sapeva più da che parte stesse la verità.
Aveva finito di svuotare la zucca. Ora non restava che intagliarla, assottigliandone le pareti nei punti giusti del disegno, in modo tale che la luce della candela potesse raggiungere l'esterno in trasparenza.
Prima di procedere, però, Isa si lavò le mani, prese il diario e annotò fedelmente:
Cagliostro, seduto di fronte a lei come ogni guardiano che si rispetti, iniziò a ronfare sonoramente, strofinando la fronte contro la sua mano. Isa sospirò, rimproverando se stessa per aver ancora una volta dimenticato la lezione che i suoi gatti non cessavano mai di impartirle.
[1] R. Norwood, Donne che amano troppo, Feltrinelli, Milano 1989.
[2] Jeffrey M. Masson, La vita emotiva dei gatti, Il Saggiatore, Milano 2008.
D'accordo, non per tutte vale questa regola: alcune sono certo equilibrate, emancipate, rettissime e, dunque, possono interrompere qui e ora la lettura oppure proseguirla ed esserne infastidite.
Non ha importanza, poiché questa pagina è dedicata all'altra categoria: alle Malinconiche, alle Confusionarie, a tutte coloro, insomma, che compiono sempre la scelta sbagliata e si dimostrano incapaci di imparare alcunché dai propri devastanti errori.
Isa ci rifletteva mentre intagliava la sua zucca per la Festa dei Morti.
Non amava Halloween: era una festa troppo pacchiana per i suoi gusti. Gli zombie, le ragnatele finte, i bianchi fantasmini da due soldi appesi alle finestre... Considerava quella paccottiglia di cattivo gusto e rifiutava di imbruttire la sua casa con ragni e zucche di plastica. Preferiva chiudere in casa i gatti (soprattutto Cagliostro: non voleva che facesse la fine del povero gatto nero ritrovato a Tronzano Vercellese nel 2009, con le quattro zampette bloccate con un doppio giro di filo spinato) e dedicarsi ad ascoltare voci e sussurri nelle ore delicate del trapasso, la notte fra il 31 ottobre e il 1° novembre.
Come la sua bisnonna Arcangela, preparava una gustosa zuppa di ceci e ne lasciava un piatto colmo sul tavolo della cucina, per i morti della sua famiglia che sarebbero tornati a ristorarsi, e cambiava le lenzuola nel letto nel caso avessero gradito fare un riposino prima di ripartire.
Quell'anno, però, i gesti con cui Isa intagliava la superficie arancione della grande zucca tradivano un certo nervosismo.
Non riusciva infatti a togliersi dalla mente quanto scritto da Robin Norwood:
Quando l'autoaccettazione e l'amore di sé cominciano a svilupparsi e a consolidarsi, allora siamo pronte a voler consapevolmente essere solo noi stesse, senza cercare di essere compiacenti, senza impegnarci in atti spettacolosi calcolati per conquistare l'approvazione e l'amore di un'altra persona. [1]
Si sentiva in difetto: sapeva bene, infatti, di aver sempre cercato l'approvazione altrui. Fin da bambina (quando si struggeva affinché il Professore fosse orgoglioso di lei) passando attraverso la travagliata adolescenza e il pericoloso amore per Denis.
A tutt'oggi sapeva di non aver fatto il proprio interesse, rivelando a C. il disagio psicologico che provava negli ultimi mesi. («D'accordo, è la crisi del terzo anno... Ma non la risolveremo facendo l'amore o mettendo al mondo un bambino.» «Del resto... non sarei neppure una buona madre.» «Allo stato attuale delle cose no, non credo...») Nel corso delle loro estenuanti discussioni degli ultimi undici mesi, ciò che più aveva desiderato era che C. la giudicasse onesta e virtuosa, che fosse fiero, nonostante tutto, della donna sincera che aveva scelto come convivente.
«Oh, è tutto sbagliato!» esclamò Isa conficcando il coltellino nella polpa umida della zucca.
Al diavolo la soddisfazione di C.! Era della propria felicità che avrebbe dovuto occuparsi! E invece perdeva tempo a centellinare le opinioni altrui: di C., del Cappellaio Matto...
In quel mentre Cagliostro salì sul tavolo e infilò una zampetta sotto la zucca. «Levala o rischierò di farti male...» Il gatto sedette allora composto, le orecchie tese in avanti, la coda che gli circondava il corpo. Qualche istante dopo tornò alla carica, di nuovo allungando la zampa. Isa sorrise accarezzandolo e lasciò che i pensieri deviassero verso l'amore che provava per quella piccola seducente creatura.
Comprese (lo aveva già intuito in passato ma, in quel malinconico pomeriggio autunnale, la consapevolezza fu nitida come una calda giornata estiva) che il legame d'amore che univa reciprocamente lei e i suoi gatti si rafforzava giorno dopo giorno in virtù della discrezione e della dignità che lo caratterizzavano.
Forse è per questo, si disse, che i gatti preferiscono le donne.
Ne aveva parlato anche Jeffrey M. Masson, quando scrisse che i gatti tendono ad andare d'accordo con le donne più che con gli uomini poiché esse, di norma, sono meno autoritarie e inclini a voler stabilire un diritto di possesso sui propri animali [2].
Streghe, zitelle, regine: per secoli, attraverso la storia, centinaia, migliaia di donne senza nome avevano cercato e desiderato la compagnia dei gatti, grate per il silenzio di quell'amore mai soffocante e tuttavia innegabile.
Isa non aveva dubbi che Cagliostro, Clizia ed Emma la amassero e si ritrovava spesso a sorridere, quando si imbatteva nel solito luogo comune secondo cui i gatti amerebbero la loro casa più di qualsiasi essere umano. I gatti, al contrario, la amavano, ricambiati, di un amore discreto, fatto di lunghi sguardi, di tocchi appena accennati e spazi di solitudine ricavati nelle quattro stanze della Casa dei Ranocchi.
Isa sapeva quanto fosse ingiusto accusarla di eccessiva possessività e di petulanza. Non aveva mai voluto possedere il cuore, l'anima e la mente di nessuno: sarebbe stato un onere troppo gravoso, una responsabilità insostenibile e spossante. Piuttosto, anelava a un amore dignitoso per entrambe le parti in causa, che non la gettasse ogni giorno nell'ansia dell'incertezza e che si costituisse, tuttavia, di pochi gesti e poche parole.
Non amava la ridondanza, detestava dover inseguire le persone per ottenere chiarimenti e sincerità. Così spesso vi rinunciava e restava sola in casa, a rimuginare sull'inutilità dei propri sentimenti mal corrisposti.
In genere, a quel punto, dopo essere stata accusata dall'uomo di turno di eccessiva insistenza, si sentiva rinfacciare di essere incostante, volubile. «Perché non parli, perché fuggi? Ti sei già stancata?»
Stancata! E se avessero avuto ragione loro, gli uomini? Dopo tanti anni, non sapeva più da che parte stesse la verità.
Aveva finito di svuotare la zucca. Ora non restava che intagliarla, assottigliandone le pareti nei punti giusti del disegno, in modo tale che la luce della candela potesse raggiungere l'esterno in trasparenza.
Prima di procedere, però, Isa si lavò le mani, prese il diario e annotò fedelmente:
Quando amo fuggo, perché l'amore brucia e non so più scottarmi le dita. Appena arrivata, penso a ripartire. Temo l'inverno, quando la vita è senza colori. Accuso gli altri di allontanarsi da me, ma sono io, che me ne vado. Dei miei gatti adoro la discrezione, del mio cane l'affetto incondizionato: i primi ne possiedon...o la giusta misura, il secondo vanta una qualità che a me è sempre mancata...
Cagliostro, seduto di fronte a lei come ogni guardiano che si rispetti, iniziò a ronfare sonoramente, strofinando la fronte contro la sua mano. Isa sospirò, rimproverando se stessa per aver ancora una volta dimenticato la lezione che i suoi gatti non cessavano mai di impartirle.
[1] R. Norwood, Donne che amano troppo, Feltrinelli, Milano 1989.
[2] Jeffrey M. Masson, La vita emotiva dei gatti, Il Saggiatore, Milano 2008.
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