mercoledì 16 febbraio 2011

La storia della gatta contesa

Ci sono gatti che sono amanti impenitenti. Altri che possiedono il talento dei ladri - o dei bugiardi. Alcuni sono ruffiani, altri lazzaroni. Esistono gatti assenti e gatti onnipresenti. Clizia era una veggente.
Le persone che frequentavano la Casa dei Ranocchi osservavano ammirate il fascino oscuro di Cagliostro e si lasciavano sfuggire un sorriso di fronte alla tenerezza di Emma; ma restavano letteralmente senza parole davanti alla bellezza distante e impassibile della gatta dal lungo pelo grigio.
«E' così bella da risultare imbarazzante» aveva commentato Gabriele e Isa pensava che avesse ragione.
Ricordava bene il giorno in cui Clizia venne a farle visita per la prima volta.
Apparteneva ai vicini, una famiglia rumorosa e poco gentile; di fatto, conduceva un'esistenza spartana sul ciglio della strada. La sua "proprietaria" la alimentava una volta al giorno con cibo scadente; per il resto, doveva arrangiarsi con piccioni, topi e passerotti. Quanto al pelo - il suo bellissimo fluente manto color grigio scuro - era spesso arruffato e spettinato, impolverato e infestato da parassiti.
Quando Isa e C. si trasferirono nella piccola casa al margine del paese, Clizia non si precipitò a far visita ai nuovi arrivati: la curiosità sfacciata non le si confaceva.
Arrivò qualche settimana più tardi - e si limitò a fare capolino nel cortile, pronta a una fuga dignitosa se si fosse reso necessario.
«Oh, guarda che bella gatta!» esclamò Isa scorgendola. Non aveva ancora ispezionato la base di quella lunga coda a pennacchio, ma era sicura che non potesse trattarsi d'altro che di una femmina. Gli occhi obliqui, il nasino all'insù: era una signora gatta, senza dubbio.
«Hai visto? E' venuta qualche volta, mentre c'erano i muratori. Ma credo le desse fastidio il rumore, perché se n'è andata subito...» rispose C.
Isa si chinò ad accarezzarla e la gatta rispose ronfando forte.
«E' carina.»
«Carina non rende l'idea. E' molto bella. Ma è tenuta male. Vedi? Ha il pelo tutto annodato, sporco... Le ciocche alla base della schiena sono marroni. E il naso? Le hai guardato il naso? Gocciola come se avesse il raffreddore... Forse è randagia. In questo caso...»
«No» la interruppe C. «Non è randagia. E' della famiglia dell'Osvaldo. Quelli che abitano due case prima della nostra. Ho sentito che la chiamavano, un pomeriggio. E poi l'ho vista uscire dal loro cortile.»
«E come si chiama, questa bella creatura?»
«Clizia.»
«Clizia?»
C. annuì.
«Come siano riusciti a darle un nome così bello è un mistero...» borbottò Isa fissando la gatta nei grandi occhi color smeraldo.

(«... non era amore quello
era come oggi e sempre
venerazione.» [1])

Poco per volta, Clizia divenne un'ospite fissa. Mickey, che era abituato a relazionarsi coi gatti più che con gli altri cani, la accettò subito di buon grado: dopo le prepotenze inflittegli da Atena, la discrezione di Clizia doveva sembrargli manna piovuta dal cielo.
Tuttavia i guai non tardarono a venire. I vecchi "proprietari" di Clizia (di nessuna creatura vivente si può dire che abbia un proprietario: affermarlo di un gatto è addirittura blasfemo) si ingelosirono, come capita spesso agli innamorati stanchi.
Non appena si accorsero che Clizia trascorreva la maggior parte del suo tempo a casa di Isa, cominciarono a dare l'assalto al citofono. «E' lì la mia gatta?» domandava la figlia di Osvaldo con malagrazia.
«No, sono giorni che non la vedo» mentiva Isa.
Arrivò infine la più grande nevicata del 2009: Clizia aveva dormito per tutta la notte al caldo, acciambellata sul divano e a C. mancò il cuore di metterla fuori dalla porta come faceva ogni mattina prima di andare a lavorare. «Fa troppo freddo, questa mattina. Magari domani...»
Da quel momento la sontuosa gatta grigia si trasferì ufficialmente nella Casa dei Ranocchi. Le comprarono una cesta imbottita, del buon mangime, spazzole e pettini per quel suo lungo pelo ribelle. Clizia acquistò peso, ignara delle liti che Isa e C. dovevano affrontare per causa sua.
«Vi denunciamo, ci avete rubato il gatto!» strillava Osvaldo con quella sua voce alta e starnazzante.
«Vi denunciamo noi, per maltrattamento!» ribatteva Isa, sventolando una fotografia in cui la miciona appariva derelitta ed emaciata.
Soltanto una volta i testardi vicini di casa riuscirono a reimpossessarsi del conteso felino: approfittarono di una sua fuga momentanea e lo rinchiusero nel loro cortile. Il ritorno "a casa" durò poco meno di un'ora: Clizia miagolava con tale disperazione che le riaprirono la porta e la rimisero in strada. Isa aprì il cancello e la fece rientrare, bagnandole la testa di calde lacrime.

I gatti sono e rimangono comunque creature libere e Isa si domandò per molto tempo per quale motivo Clizia, abituata a vivere in strada e affezionata alla sua faticosa libertà avesse deciso di diventare una animale da salotto.
«E' un incrocio con un persiano» disse il veterinario. «Sono animali molto tranquilli, pacifici, amano la vita comoda.»
Ma Isa non era persuasa: aveva visto Clizia mettere in fuga molti coraggiosi gatti di strada, pur di difendere il suo territorio e ricordava con quanta freddezza riuscisse a cacciare i volatili, decapitandoli e aprendoli come libri sulla soglia di casa. "Questo è un gatto che, nonostante il suo aspetto raffinato e aristocratico, se la sa cavare benissimo da solo" pensava Isa osservandola e continuando a non capire l'ostinazione della sua scelta: perché la Casa dei Ranocchi? Perché dopo quattro anni trascorsi a vivere all'aperto? Non poteva trattarsi di semplice affinità elettiva - sebbene fosse innegabile che Clizia e Isa si erano subito affezionate l'una all'altra.

La risposta a quegli interrogativi arrivò un anno più tardi: a causa di un'insufficienza renale congenita («I persiani sono molto soggetti a questo tipo di patologie» scosse la testa il veterinario, mentre a Isa tremavano il mento e le labbra), Clizia diventò completamente cieca.
Fu allora che Isa comprese le ragioni della sua ostinazione, di quella testardaggine che la spingeva ogni notte ad abbandonare la caccia ai topi per starsene seduta davanti al cancello della Casa dei Ranocchi, finché Isa o C. non andavano ad aprire.
«Lei lo sentiva! Sapeva che sarebbe diventata cieca e ha chiesto il nostro aiuto! In strada, dove era costretta a vivere, sarebbe morta presto, in queste condizioni: investita da un'auto oppure a causa della sua malattia...» commentò Isa sbalordita e C. non poté che darle ragione.

L'insufficienza renale fu curata e tenuta sotto controllo con una terapia giornaliera: alla fine del 2011 i valori del sangue di Clizia erano quasi perfetti; ma la cecità regredì di poco. Questa menomazione, faceva sì che la "gatta veggente" (come ormai Isa l'aveva soprannominata) mal sopportasse l'esuberanza di Cagliostro, che nel frattempo aveva fatto il suo rumoroso ingresso nella Casa dei Ranocchi, alla tenera età di quattro mesi, una settimana e tre giorni.
Fu per questo motivo che, dopo un anno di litigi furiosi fra i due gatti, Isa e C. decisero di tentare il tutto per tutto e di adottare un compagno di giochi per Cagliostro.
Così, se Clizia era "la Veggente", Emma divenne a pieno titolo "la Rasserenatrice"; ma questa è un'altra storia.
Quella di Clizia, la gatta contesa, ha un lieto fine: lei trovò una casa, assistenza e cure nei giorni più bui della malattia, finché non si ristabilì completamente; i vicini di casa si misero l'animo in pace, limitandosi a diffondere pettegolezzi di fuoco su Isa e C. per tutto il paese. Quanto a questi ultimi, non furono mai denunciati per furto o per appropriazione indebita - come Osvaldo aveva minacciato - e si ripeterono più volte di aver fatto la scelta giusta.

Continua...

[1] E. Montale, Clizia nel '34. Clizia, infatti, oltre a essere (nella mitologia greca) la ninfa innamorata di Apollo che per seguire il suo eterno amore decise di trasformarsi in heliotropium, fu anche il nome dato da Eugenio Montale alla sua musa ispiratrice più celebre, l'italianista americana Irma Brandeis.