martedì 23 luglio 2013

Tea, la nonnina - Parte seconda

Parte prima

Tea non impiegò molto tempo ad adattarsi alla nuova vita. Nonostante la sua cecità, imparò subito a individuare il punto in cui erano state collocate le ciotole, la lettiera, la cesta imbottita che le era stata riservata...
Aveva le orecchie infestate dagli acari e si sottopose alla cura con pazienza. Il suo pelo fu spazzolato a lungo e presto riacquistò morbidezza e lucentezza.
Ancora oggi, a tre mesi dal suo arrivo nella nostra casa, è una gatta che non cessa di sorprendermi: nonostante gli acciacchi della vecchiaia, alla prima visita medica di controllo è risultata sanissima: fegato e reni funzionano a dovere e il suo enfisema polmonare non desta grandi preoccupazioni.
Nonostante non abbia denti in bocca, mangia senza problemi e con grande appetito - tanto l'umido quanto le crocchette. Adora distendersi sul divano e, sebbene io sia sempre pronta ad aiutarla, ha imparato a scendere e salire da sola - con qualche titubanza, ma senza timore.
E' molto pulita e ogni sera, dopo cena, si lava accuratamente il mantello. Non teme più di tanto gli altri gatti (che la rispettano, girandole al largo come spesso si fa coi "grandi vecchi" e concedendole quasi in esclusiva l'uso del divano [1]), ma non sopporta che le si avvicinino troppo: essendo cieca, non riesce a decifrare il linguaggio del corpo dei suoi coinquilini e così, nel dubbio, quando qualcuno invade il suo spazio, lei lo scaccia con una forte soffiata.
Ha cambiato quasi tutto il folto pelo invernale messo nel periodo in cui si trovava in strada e ora è una splendida morbida miciona: è ingrassata di ben un chilo e ha un muso pieno e rotondo, con, al centro, un minuscolo naso rosa girato all'insù. Noi la chiamiamo "bambolina" e "principessa" e siamo felici di vederla distesa e beata sul divano - al sicuro.

Quando scelsi di adottare Tea, lo feci perché in lei rivedevo molto di Rufus: lo stesso colore del pelo, la stessa fragilità data dall'età avanzata.
Ora però devo ammettere che Tea è molto diversa dal mio vecchietto ipertiroideo. Rufus era una fogliolina sottile; Tea è forte e robusta, nonostante la vecchiaia; Rufy aveva lo sguardo velato dalla malinconia data dal presagio di una fine imminente; Tea sfida ogni acciacco per godersi caparbiamente e nel modo più sereno possibile l'ultima parte della sua vita.
Entrambi hanno sperimentato la crudeltà umana e hanno sofferto - figli abbandonati di un dio minore. Per Tea, tuttavia, sono riuscita a fare qualcosa in più. E questo mi consola. Quando mi reco nel luogo presso le ortensie dove è seppellito Rufus, a volte mi ritrovo a sussurrarglielo: «Tea sta bene, Rufy, non preoccuparti. Sei contento?». Perché di certo, il mio povero vecchio gatto macilento sta ronfando insieme a lei, giorno dopo giorno durante la primavera uggiosa e durante questa estate calda - che non è arrivato in tempo a vedere...

Tea il giorno in cui è arrivata a casa...

(1) L'unico che si avvicina più di quanto agli altri non sia consentito è Richard Parker... ma di lui non ho ancora parlato. E anche questa è un'altra lunga storia...

lunedì 8 luglio 2013

Tea, la nonnina - Parte prima

Molte persone sostengono che i social network siano una perdita di tempo; altri che si tratti di una vera e propria alienazione, che ci spinge a vivere la nostra esistenza dietro a un monitor.
Per quello che mi riguarda, credo di usarli nella giusta maniera e nelle dosi corrette. Quando non mi va di parlare, quando non voglio esserci, spengo tutto e mi allontano: non ci sono telefoni cellulari né computer che possano trattenermi. Stacco e me ne vado. Ciao-ciao. Per non vedere e non ascoltare. Per non sottrarre tempo ai libri o ai vecchi film o alle piccole cose che scrivo - e che non finisco.
A volte, però, capita che perfino sui social network si presenti un'occasione: unica, irripetibile, bellissima.
L'appello dedicato a Tea continuava a comparire sulla mia home page e io seguitavo a leggerlo e rileggerlo: «E' stata trovata domenica a Spoleto. Ora è in stallo, ma ha bisogno di una super adozione. Quando è stata soccorsa, aveva le orecchie piene di acari; le unghie troppo lunghe, conficcate nei cuscinetti; un solo dente in bocca. E' anziana ed è anche cieca e, nonostante tutto, è una dolcezza di gatta».

Tea, pochi giorni dopo il suo ritrovamento
Quegli occhi velati, l'idea che (così fragile) fosse stata lasciata in mezzo a una strada... continuavano a tormentarmi. Lo stesso tipo di richiamo che non mi dava pace quando Rufus si trovava (macilento e disperato) al gattile.
Così (dopo una breve consultazione con C.) chiamai il numero di telefono pubblicato nell'appello. La ragazza che mi rispose (presso la quale la "nonnina" si trovava in stallo) era gentile, onesta, affezionata alla micia, eppure impossibilitata a tenerla.
Con solerzia e rapidità contattò la staffetta che avrebbe dovuto condurre Tea in Piemonte e mi comunicò la data dell'arrivo: sabato 23 aprile.
Tea giunse intorno alle cinque del pomeriggio, dopo un viaggio interminabile, chiusa in un trasportino, insieme ad altri gatti e ad alcuni cani, nel retro di un furgoncino bianco. Era una giornata fredda e piovosa. Nel luogo dell'appuntamento, oltre a me e a C., c'era anche una famigliola che stava aspettando un cagnolino.
I ragazzi della staffetta furono puntualissimi. Non appena fermarono il furgone e ne aprirono il retro, io (che già avevo preparato una gabbietta pulita, panni e salviette) mi precipitai a ricevere la mia randagina. Ringraziai frettolosamente (forse mi dimostrai poco cortese verso i presenti) e mi chiusi in macchina: la povera gatta era tutta sporca di urina, spaesata dopo un trasporto così lungo. Tuttavia, non appena allungai una mano per farle una timida carezza, lei abbandonò subito la testolina contro il mio palmo, ronfando sonoramente. Senza timore, con una fiducia disarmante e commovente.
Quando anche C. risalì in auto, la pulimmo per bene con le salviette e gli asciugamani che avevamo portato: Tea non smetteva di strusciarsi contro le nostre mani e le nostre gambe, mostrandoci in questo modo tutta la sua gratitudine.
Considerata la sua docilità, decidemmo che avrebbe potuto compiere il resto del viaggio (una mezz'oretta d'auto fino a casa) fuori dal trasportino. La avvolsi in una copertina e me la sistemai sulle ginocchia. Tea, esausta, vi si adagiò e, continuando a fare le fusa, presto si addormentò.
Emozionata, continuavo a ripetere a C. che non avevo mai visto una gattina tanto brava e giudiziosa e che era stata una crudeltà terribile abbandonarla in questo stato al suo destino...

Continua...

mercoledì 10 aprile 2013

Rufus - Parte terza

Parte seconda

Rufus trascorse i due mesi successivi conducendo una vita da pensionato. Dormiva quasi tutto il giorno e mangiava scatolette di qualità; ogni tanto - nelle giornate di sole autunnale - usciva fuori, in cortile, e si acciambellava accanto all'ibisco ancora in fiore.
Era affetto da un ipertiroidismo in fase avanzata, probabilmente mai riconosciuto e mai curato: per questo era così magro e irrequieto, sempre alla famelica ricerca di cibo. Amava molto stare in braccio e Isa lo prendeva con sé ogni volta che le era possibile. Rufus adorava inoltre riposare sul divano con la testa appoggiata sui cuscini colorati e la borsa dell'acqua calda accanto a sé. Così, Isa aveva preso l'abitudine di restare con lui, in soggiorno: sul divano leggeva, correggeva i compiti, cuciva piccoli oggetti di stoffa per il banchetto di beneficenza in favore della colonia felina dell'ex ospedale psichiatrico.
A volte, sorprendeva Cagliostro a fissare Rufus intensamente e poi a posare lo sguardo su di lei. Era come se intendesse dirle: «Ebbene? Che hai in mente questa volta? Lo hai portato con te... io lo accetterò, naturalmente. Ma che altro posso fare?».
Accudire Rufy non era facile: non mangiava da solo, bisognava mettergli poco cibo alla volta nella ciotola e poi girarglielo più volte col cucchiaio. Lui mangiava uno, due, tre bocconi e poi si allontanava, ti si avvicinava e iniziava a miagolare - il naso per aria, l'espressione imbronciata. Allora era necessario di nuovo mescolargli il contenuto della ciotola, finché non si decideva a piluccare ancora qualcosa.
Il veterinario sosteneva che era così esile da aver perso completamente la tonicità muscolare, inclusa quella delle fasce muscolari intorno alla testa e alla mandibola: per questo faceva così fatica ad alimentarsi. Masticare, per lui era una pena. Eppure ci provava ogni giorno, povero vecchietto. Infine, tornava a stendersi sul suo divano, facendo le fusa non appena Isa si avvicinava. «Hai mangiato, Rufy? Devi mangiare, sai? Devi prendere peso...»
Riuscì ad aumentare di ben 50 grammi: un risultato microscopico, ma insperato. Isa era contenta. Era felice del fatto che il vecchio gatto non miagolasse più in continuazione, che apparisse sereno mentre dormiva. Chissà cosa doveva aver patito, nel periodo trascorso in strada, senza cibo né acqua. Chissà cosa doveva aver passato e pensato, quell'anziano gatto, quando si era ritrovato all'ex ospedale, in mezzo ai gattoni nerboruti della colonia. Chissà con quale coraggio aveva affrontato le numerose visite dal veterinario - sempre maneggiato da mani sconosciute. Fiducioso, come solo un animale abbandonato poteva esserlo. In qualunque momento gli esseri umani (che già con lui erano stati crudeli) avrebbero potuto fargli del male; ma Rufus non aveva mai perso la fiducia, non aveva mai cessato quel suo ronfare sommesso: ascoltarlo, era un piacere e un dolore al tempo stesso.

Rufus sul divano di casa, la sera in cui giunse alla "Casa dei Ranocchi".
Ancora oggi Isa vuole pensare che Rufus abbia trascorso felicemente gli ultimi due mesi della sua vita e che il periodo passato con lei e con C. sia servito a farlo ricredere della bontà del genere umano, cancellando in parte la malinconia dal suo cuore felino.
Rufus morì martedì 6 novembre. Il suo declino fu rapidissimo: la sera prima aveva mancato il breve salto per salire sul divano e, il mattino successivo, Isa lo trovò acciambellato vicino alla ciotola dell'acqua: non miagolò, non toccò cibo. Alle due del pomeriggio si acciambellò sulle ginocchia di Isa. Alle cinque aveva perso completamente le forze ed era incapace di reggersi sulle zampe. Nessuna cura era possibile. Lo avvolsero nella sua vecchia coperta marrone e lì lui si addormentò.