mercoledì 22 agosto 2012

Delle zanzariere rotte, della fiducia e della malinconia sottile di fine estate

Molti sono convinti che il gatto sia un animale incapace di provare affetto e che tutta la sua vita emotiva si riduca a qualche coccola interessata, prodigata per ottenere ciò che desidera: cibo, un tetto sulla testa oppure una ciotola d'acqua.
Questo modo di considerare un animale bellissimo (non vi sono altri aggettivi possibili) qual è il gatto la dice lunga sulla pochezza di gran parte del genere umano.
Personalmente non ho mai creduto all'opinione comune del gatto individualista e anaffettivo: tutti i gatti che ho conosciuto, fin da piccina, dimostravano nei miei confronti un sincero attaccamento; forse meno evidente e chiassoso rispetto a quello di un cane - ma in ogni caso innegabile. Perciò, crescendo, sono rimasta colpita nel constatare che i gatti vengono tutt'ora considerati con sospetto e malignità - e questo a dispetto della loro delicatezza e della loro incapacità di difendersi.
Anche ammesso che si possa restare insensibili al potere ipnotico e terapeutico del suo ronfare, alla lucentezza dei suoi occhi di smeraldo e citrino, alla morbidezza setosa del suo manto caldo e pulito - al di là di tutto questo... che male potrà mai fare, un gatto?
Invece, alcuni (di certo uomini e donne che hanno ben poco a cui pensare nel corso delle loro giornate) paiono convinti che questi animali siano responsabili di crimini imperdonabili (come calpestare le aiuole, scavare per ricoprire i propri bisogni ed essere veicolo di non si sa quali malattie) e si sentono autorizzati - in nome di queste convinzioni - a muovere una vera e propria guerra quotidiana ai gatti: li aspettano nascosti dietro alle persiane socchiuse per spaventarli, colpirli con la scopa o con getti d'acqua gelata; boicottano il lavoro delle gattare, riempiendo di benzina le ciotole del cibo; scrivono pamphlet dai toni acidi, prendendosela non solo con i gatti, ma anche con chi li ama («Questo articolo non mi renderà popolare tra gli amanti dei gatti, ma del resto coloro che amano i gatti sono solitamente delle ciccione con i capelli unti che puzzano di piscio di gatto e quindi chissenefrega. Ah no, dimenticavo anche i gay o gli uomini single che non hanno nessuna che li si fila. Beh… pazienza anche per loro. Ma è giunto il momento che qualcuno lo dica: IO ODIO I GATTI» mi è capitato di leggere un giorno, con raccapriccio, sul Web [1]). I peggiori, infine, arrivano addirittura alla violenza, picchiando o uccidendo queste bestiole discrete che, in genere, ben poco si curano delle idiosincrasie umane e gradirebbero solo essere lasciate in pace.
Ripenso alle strane opinioni che molta gente aveva su questi animali: erano creature egoiste e incapaci di offrire l'amore disinteressato di un cane. Erano creature indipendenti e circospette che badavano solo al proprio interesse. Che sciocchezza! Mi sono sentito sfregare la faccia da musi di gatto e sfiorare la guancia da zampine con le unghie accuratamente ritratte. Queste, a parer mio, sono espressioni d'amore. (2)
Pochi giorni fa, ho assistito alla dimostrazione concreta di quanto sia infondato il luogo comune secondo cui i gatti sarebbero incapaci di stabilire con i propri compagni umani un rapporto d'amore, fiducia e collaborazione.
Con l'arrivo dell'estate e della canicola, nella nostra piccola casa sul canale abbiamo aperto tutte le finestre, abbassando le zanzariere per proteggerci dai numerosi insetti provenienti dalle risaie.
Inutile precisare che le nostre reti sono tutte graziosamente "ricamate" dalle unghie dei gatti, che - col trascorrere dei mesi primaverili ed estivi - si sono aperti in esse dei piccoli varchi per accedere ad entrambi i cortili.
Così, C. ha pensato di costruire delle seconde zanzariere, fisse, da applicare in aggiunta a quelle scorrevoli già esistenti, in modo da avere un controllo (illusorio!) sulle entrate e le uscite dei nostri amati felini.
Né lui né io avremmo mai pensato che Victor (l'atletico e nerboruto ex-randagio) sarebbe riuscito a rompere anche quelle...
In particolare, un mattino d'agosto Victor-Vittorio decise di rientrare dalla sua passeggiata saltando dal muretto di recinzione del cortile posteriore alla finestra del bagno - credendo che i vetri fossero aperti e la zanzariera facilmente sollevabile. Per contro, una volta spiccato il balzo, si trovò davanti la seconda zanzariera costruita da C., ancora abbastanza integra - nonostante i precedenti assalti di Matilde. Victor vi rimase aggrappato, con uno spazio esiguo per appoggiare le zampe posteriori.
Richiamata dai rumori provenienti dal bagno, andai a vedere cosa stesse succedendo: trovai parte della rete di protezione rotta e ripiegata su se stessa come la pagina di un libro sfogliato e il mio gattone bianco e nero appeso a quanto ne restava, con le zampette che scivolavano sul vecchio intonaco del davanzale. Sul suo musetto serio, un'espressione di evidente preoccupazione: non era un gran salto, di certo non pericoloso per un gatto tanto agile (il bagno si trova al primo piano), ma era evidente che Victor preferiva risparmiarselo.
Mi sono avvicinata lentamente, riflettendo sul da farsi: Victor è un gatto nervoso - che non ha ancora imparato a fidarsi del tutto degli esseri umani. Lo spaventano i rumori e i gesti improvvisi e non gli piace essere manipolato. Ho pensato che, se avessi sollevato la zanzariera interna e tentato di prenderlo in braccio per portarlo al sicuro, avrebbe potuto fraintendere le mie intenzioni, reagire con violenza e andare incontro a una caduta peggiore rispetto a quella che gli sarebbe comunque toccata in sorte, non appena avesse esaurito le forze. Tuttavia, Victor mi stava fissando in maniera eloquente, chiedendomi aiuto e, perciò, senza esitare ancora, sganciai la zanzariera interna, la feci salire e abbassai la rete (già rotta) della seconda, per dare al gatto un appiglio migliore. Quindi gli misi una mano sulle spalle. Victor non si mosse e io riuscii ad afferrarlo saldamente, a sollevarlo e a trasportarlo dentro la stanza. Da parte sua, nessuno scatto, nessun tentativo di liberarsi: anzi, per qualche minuto restammo abbracciati - io con le mani intorno al suo corpo morbidissimo e lui con la testa abbandonata sulla mia spalla, a respirare con affanno, a causa dello sforzo sostenuto.
Semplicemente, il mio bel gattone indipendente aveva deciso di fidarsi di me nel momento del bisogno e di credere, senza alcuna reticenza, che io lo avrei tratto in salvo, senza tradire il suo affetto.
Fu un momento di grande tenerezza e, per me, di profonda soddisfazione.
Mi tornarono alla mente le belle parole di Doris Lessing, scritte in conclusione del suo Particularly Cats:
Quando si conoscono i gatti, quando si è passata una vita insieme ai gatti, quel che rimane è un fondo di sofferenza, un sentimento del tutto diverso da quello che si deve agli umani: un misto di dolore per la loro incapacità di difendersi, e di senso di colpa a nome di tutti noi. (3)
In fin dei conti, che cos'è il nostro amore per i gatti - per gli animali - se non una parentesi di affetto, scritta e mantenuta nel silenzio. Eppure a me piace pensare che siano questi piccoli gesti di ogni giorno a rendere migliore la mia realtà, la mia vita da nulla - e quindi, seppure in minima parte, anche la vita di questo grande, stupido e magnifico mondo.

(1) Dal sito Latitanza.it.
(2) J. Herriot, Cat Stories, trad. it. Storie di gatti, BUR, Milano 2010, p. 9.
(3) D. Lessing, Particularly Cats, trad. it. Gatti molto speciali, Feltrinelli, Milano 2008, p. 161.

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