Ci sono storie che non hanno parole per essere raccontate, rimangono sepolte come semi che non possono dare frutti, ma solo dolore. Rimangono chiuse dentro la mente di chi le ha vissute come ingorghi che diventano per la memoria labirinti in cui si rischia sempre di perdersi. Meglio non addentrarsi. Per non turbare gli altri, per non irrompere con la propria “scomoda” verità nel mondo dei più che rincorre la spensieratezza e che forse non sarebbe in grado di capire. Meglio tacere per non esserne sopraffatti. [1]
Nella maggior parte dei casi, Isa sceglieva di tacere. Non di dimenticare - soltanto di tacere. Salvo poi accorgersi che il peso delle parole non dette minacciava di soffocarla, di toglierle respiro e speranza. Diventava penoso, allora, alzarsi dal letto, distribuire il cibo ai gatti,
perfino leggere un buon libro. Il lavoro, poi, e i gesti improrogabili della vita quotidiana erano addirittura insostenibili.
Isa scriveva allora a Nyc lunghe lettere su carta ingiallita, come sempre faceva quando doveva trovare un senso a certi accadimenti.
Così quando, scrivendo, si accorse che Soufiane era nato nello stesso mese del Cappellaio Matto, a pochi giorni di distanza seppure molti anni dopo, l'evidenza dei fatti la colpì come uno schiaffo in pieno volto.
Doveva fare ammenda, in qualche modo: i segnali erano inequivocabili e né lei né Nyc credevano nelle coincidenze.
Isa si metteva allora a osservare il cielo, il naso alle stelle e la mente rivolta all'intricata sequela degli avvenimenti passati.
«Qualcosa ti sta chiamando» diceva Nyc - e anche Isa ne era convinta: era come se tutte le estenuanti discussioni col Cappellaio Matto, tutta la cattiveria riversata nelle accuse che lui le rivolgeva e che lei (come una stupida donnetta!) non era in grado di controbattere, dovessero in qualche modo trovare pace e riscatto nell'affetto per Soufiane che, per volontà del fato, era nato sotto le stesse stelle del Cappellaio.
«Se ne andrà anche lui» sosteneva Nyc e Isa trovava conferma dei propri timori in quelle parole: che cosa avrebbe fatto, quando anche Soufiane l'avrebbe abbandonata? Non poteva far altro che sperare che lo strappo, in quest'ultimo caso, non fosse troppo doloroso.
Intanto, si crogiolava nella conferma di tutti i suoi presagi: nella corrispondenza serena, da parte di Soufiane, dei suoi migliori sentimenti; nelle parole sempre gentili che il ragazzo le rivolgeva; nella gratitudine che, al di là di ogni apparente durezza, riusciva a dimostrarle.
"Psicologicamente" pensava Isa " si direbbe compensazione - e non so fino a che punto sia un sentimento sano".
Ma Isa credeva più nel suo cuore, piuttosto che nella psicologia e continuava a rincorrere Soufiane nelle peripezie della sua travagliata vicenda personale, tentando di dimenticare le accuse del Cappellaio Matto, la crudeltà del suo tono di voce mentre pronunciava giudizi taglienti sul suo conto.
«Perché te ne importa tanto?» le domandava C. Isa taceva, poiché non poteva né sapeva rispondere...
[1] E. De Luca, Tu, mio, Feltrinelli, Milano 1999.
sabato 23 aprile 2011
mercoledì 20 aprile 2011
La complessa storia di Soufiane - Parte seconda
♦ Parte prima ♦
Scontratosi per l'ennesima volta con l'insegnante di matematica e, per giunta, avendo minacciato un compagno di percosse, se non gli avesse consegnato i suoi costosi scarponcini Timberland - Soufiane fu espulso definitivamente dall'istituto. Isa domandò invano sue notizie per un mese e mezzo, assillando i colleghi e perfino i propri studenti: «L'avete visto? Sapete qualcosa? Come sta? Tornerà a scuola?».
Dopo aver trascorso parecchie settimane a bighellonare senza alcun controllo per la città di A., Soufiane fu infine trasferito a T., nella casa-famiglia "Insieme".
Isa era tenuta costantemente informata dei suoi spostamenti non dai servizi sociali né dal direttore della comunità; bensì dall'efficientissimo amico e compagno di Soufiane, Yassine, che puntualmente, nei cambi d'ora e nell'intervallo, consegnava ad Isa il suo bravo rapporto.
E poiché l'ingerenza di Isa nel "caso Soufiane" non sembra essere vista di buon'occhio da alcuni insegnanti, i due si ritrovavano spesso a parlare sottovoce, nel frastuono della ripresa delle lezioni dopo la pausa delle undici; o nascosti dietro la macchinetta del caffè, come due cospiratori.
«Ha dormito per quindici giorni sul vagone di un treno» borbottava Yassine fingendosi interessato agli annunci sulla bacheca scolastica.
«Oh, cielo...» sussurrava Isa angosciata. «Ma non era stato trasferito a T.?»
«Certo. Ma è scappato. Dice di non trovarsi bene. Non gli comprano le scarpe...»
Isa diede infine il suo numero di telefono a Yassine, con la consegna di chiamarla, se Soufiane fosse scappato di nuovo e si fosse trovato a vagare senza meta ad A.
Questo avvenne un sabato sera di gennaio, mentre Isa e C. si stavano preparando per andare a cena nella piccola e accogliente risotteria "Oryza": un nome pretenzioso per un piccolo locale, arredato con gusto.
«Prof! L'ho trovato!» esordì Yassine con entusiasmo. «Glielo passo!»
Soufiane, al telefono, sembrava distratto e intimidito. «Hai dove andare a dormire?» domandò Isa.
«No.»
«E mangiare? Hai mangiato?»
«No, no.»
«Aspettami lì, vengo a prenderti.»
Isa annullò la cena, finì di vestirsi in tutta fretta e andò a recuperare Soufiane alla stazione di A. Nei quaranta minuti di viaggio, si ritrovò a pensare a quanto fossero bizzarre (e crudeli) le coincidenze della vita; o, meglio, le "connessioni", come amavano chiamarle lei e Nyc...
♦ Continua... ♦
Scontratosi per l'ennesima volta con l'insegnante di matematica e, per giunta, avendo minacciato un compagno di percosse, se non gli avesse consegnato i suoi costosi scarponcini Timberland - Soufiane fu espulso definitivamente dall'istituto. Isa domandò invano sue notizie per un mese e mezzo, assillando i colleghi e perfino i propri studenti: «L'avete visto? Sapete qualcosa? Come sta? Tornerà a scuola?».
Dopo aver trascorso parecchie settimane a bighellonare senza alcun controllo per la città di A., Soufiane fu infine trasferito a T., nella casa-famiglia "Insieme".
Isa era tenuta costantemente informata dei suoi spostamenti non dai servizi sociali né dal direttore della comunità; bensì dall'efficientissimo amico e compagno di Soufiane, Yassine, che puntualmente, nei cambi d'ora e nell'intervallo, consegnava ad Isa il suo bravo rapporto.
E poiché l'ingerenza di Isa nel "caso Soufiane" non sembra essere vista di buon'occhio da alcuni insegnanti, i due si ritrovavano spesso a parlare sottovoce, nel frastuono della ripresa delle lezioni dopo la pausa delle undici; o nascosti dietro la macchinetta del caffè, come due cospiratori.
«Ha dormito per quindici giorni sul vagone di un treno» borbottava Yassine fingendosi interessato agli annunci sulla bacheca scolastica.
«Oh, cielo...» sussurrava Isa angosciata. «Ma non era stato trasferito a T.?»
«Certo. Ma è scappato. Dice di non trovarsi bene. Non gli comprano le scarpe...»
Isa diede infine il suo numero di telefono a Yassine, con la consegna di chiamarla, se Soufiane fosse scappato di nuovo e si fosse trovato a vagare senza meta ad A.
Questo avvenne un sabato sera di gennaio, mentre Isa e C. si stavano preparando per andare a cena nella piccola e accogliente risotteria "Oryza": un nome pretenzioso per un piccolo locale, arredato con gusto.
«Prof! L'ho trovato!» esordì Yassine con entusiasmo. «Glielo passo!»
Soufiane, al telefono, sembrava distratto e intimidito. «Hai dove andare a dormire?» domandò Isa.
«No.»
«E mangiare? Hai mangiato?»
«No, no.»
«Aspettami lì, vengo a prenderti.»
Isa annullò la cena, finì di vestirsi in tutta fretta e andò a recuperare Soufiane alla stazione di A. Nei quaranta minuti di viaggio, si ritrovò a pensare a quanto fossero bizzarre (e crudeli) le coincidenze della vita; o, meglio, le "connessioni", come amavano chiamarle lei e Nyc...
♦ Continua... ♦
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