lunedì 10 gennaio 2011

La complessa storia di Soufiane - Parte prima

Ciò che colpiva di più, nel volto regolare di Soufiane, erano gli occhi. Isa pensava di non aver mai incontrato nessuna donna (figurarsi un uomo!) che li avesse altrettanto belli e colmi di rassegnata solitudine.
Durante il primo giorno di lezione di Isa, Soufiane era entrato in aula con una ventina di minuti di ritardo. «Dov'è il vostro compagno?» aveva domandato lei alla classe, al momento di segnare le assenze sul registro.
«In bagno» avevano risposto i compagni e qualcuno si era perfino lasciato sfuggire una risatina ironica.
Soufiane era rimasto in bagno finché ne aveva avuto voglia.
In bagno, in cortile, oppure in officina - o in qualunque altro luogo della scuola fosse andato a rintanarsi prima di affrontare l'ennesimo avvenimento sgradito: la conoscenza di una nuova insegnante con cui, suo malgrado, avrebbe dovuto trascorrere un buon numero di ore e che, come molti altri, lo avrebbe rimbrottato, redarguito, detestato. Già gli pareva di sentirla: «Come ti permetti di andartene a zonzo durante le mie ore di lezione?», avrebbe strillato con la voce acuta e intollerabile delle donne in collera. Non erano tutte come sua madre, che non gridava mai, neppure quando suo padre afferrava i figli per i capelli trascinandoli sul linoleum della cucina fino all'angolo da cui non potevano fuggire.
Soufiane sospirò, gettò la sigaretta nel water e uscì dando un calcio alla porta.
Quando entrò in aula, Isa lo apostrofò con un semplice "Oh, buongiorno!". Soufiane, che si era diretto subito verso il banco senza degnarsi neppure di trovare una scusa plausibile per il proprio ritardo, la guardò di sottecchi e si sorprese nel constatare che - a dispetto del tono di voce serio e compunto - Isa stava sorridendo.
Non era un sorriso pungente né di sufficienza; era un reale e apertissimo sorriso divertito. Soufiane non poté non esserne contagiato: sorrise anch'egli, abbassando la visiera del cappellino di lana a mo' di difesa e, per pochi secondi, i suoi grandi occhi nocciola si illuminarono di allegria.
Per tutta la lezione rimase buono e silenzioso, con lo sguardo fisso su Isa che riassumeva trame di romanzi, passeggiando avanti e indietro davanti alla cattedra: non capiva tutto ciò che lei diceva (nessuno, dalla terza elementare in avanti si era mai premurato di insegnargli a leggere e a scrivere, perché Soufiane era un ragazzo "difficile da gestire" - avevano ribadito per anni maestri e professori), ma lo trovava insolito e colorato.
Il giorno successivo Soufiane rispose sgarbatamente alla richiesta dell'insegnante di scienze di levarsi il cappello in classe e, durante le ore di italiano, fu mandato per punizione a pulire l'officina.
La settimana successiva sgattaoiolò in cortile durante il cambio dell'ora ed entrò in aula in ritardo durante quasi tutte le lezioni di italiano e storia. Isa non diceva mai nulla: era stata informata per sommi capi della sua situazione, l'avevano messa in guardia sul conto di quel caparbio ragazzo tunisino che viveva nella comunità di recupero e, dopo aver ascoltato tutte le campane, lei aveva deciso di porre buone basi per i mesi a venire. Perciò, quando Soufiane arrivava in ritardo, lo accoglieva col solito "buongiorno" d'intesa; quando si distraeva e disturbava i compagni gli chiedeva gentilmente di tacere; quando si alzava senza permesso, lo pregava di ritornare al proprio posto. Non aveva bisogno di gridare perché Soufiane, a differenza di molti altri, non era arrogante.
Aveva un'intelligenza vivace e amava disegnare. Per Isa tracciò su un foglio la sagoma di un gatto: aveva il pelo irto e la bocca spalancata in un soffio impaurito, ma era pur sempre un gatto.
«Non è per fare della psicologia spicciola» aveva commentato Isa con la collega d'inglese, sventolando il disegno «ma certi segnali mi sembrano abbastanza eloquenti.»
Poco per volta, i ritardi all'inizio delle ore di italiano diminuirono: a dicembre Soufiane era sempre presente in classe quando Isa arrivava e faceva da interprete fra lei e un altro ragazzino extracomunitario, giunto in Italia da pochi mesi. Se chiedeva di andare in bagno, Isa sollevava un dito ammonitore e gli diceva seria «Mi raccomando: cinque minuti», ben ricordando quanto fosse bravo a eludere ogni sorveglianza. Soufiane sorrideva come il primo giorno e ripeteva «Cinque minuti», come se si trattasse di una solenne promessa. Cinque minuti dopo rientrava in classe e andava a sedersi, senza più muoversi fino al suono del campanello.
Isa era soddisfatta e stava organizzando un programma intensivo di esercizi per colmare le sue vaste lacune nella lingua scritta, quando accadde ciò che era inevitabile e Soufiane fu allontanato dalla scuola.

Continua...

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