sabato 23 aprile 2011

Connessioni

Ci sono storie che non hanno parole per essere raccontate, rimangono sepolte come semi che non possono dare frutti, ma solo dolore. Rimangono chiuse dentro la mente di chi le ha vissute come ingorghi che diventano per la memoria labirinti in cui si rischia sempre di perdersi. Meglio non addentrarsi. Per non turbare gli altri, per non irrompere con la propria “scomoda” verità nel mondo dei più che rincorre la spensieratezza e che forse non sarebbe in grado di capire. Meglio tacere per non esserne sopraffatti. [1]

Nella maggior parte dei casi, Isa sceglieva di tacere. Non di dimenticare - soltanto di tacere. Salvo poi accorgersi che il peso delle parole non dette minacciava di soffocarla, di toglierle respiro e speranza. Diventava penoso, allora, alzarsi dal letto, distribuire il cibo ai gatti,
perfino leggere un buon libro. Il lavoro, poi, e i gesti improrogabili della vita quotidiana erano addirittura insostenibili.
Isa scriveva allora a Nyc lunghe lettere su carta ingiallita, come sempre faceva quando doveva trovare un senso a certi accadimenti.
Così quando, scrivendo, si accorse che Soufiane era nato nello stesso mese del Cappellaio Matto, a pochi giorni di distanza seppure molti anni dopo, l'evidenza dei fatti la colpì come uno schiaffo in pieno volto.
Doveva fare ammenda, in qualche modo: i segnali erano inequivocabili e né lei né Nyc credevano nelle coincidenze.
Isa si metteva allora a osservare il cielo, il naso alle stelle e la mente rivolta all'intricata sequela degli avvenimenti passati.
«Qualcosa ti sta chiamando» diceva Nyc - e anche Isa ne era convinta: era come se tutte le estenuanti discussioni col Cappellaio Matto, tutta la cattiveria riversata nelle accuse che lui le rivolgeva e che lei (come una stupida donnetta!) non era in grado di controbattere, dovessero in qualche modo trovare pace e riscatto nell'affetto per Soufiane che, per volontà del fato, era nato sotto le stesse stelle del Cappellaio.
«Se ne andrà anche lui» sosteneva Nyc e Isa trovava conferma dei propri timori in quelle parole: che cosa avrebbe fatto, quando anche Soufiane l'avrebbe abbandonata? Non poteva far altro che sperare che lo strappo, in quest'ultimo caso, non fosse troppo doloroso.
Intanto, si crogiolava nella conferma di tutti i suoi presagi: nella corrispondenza serena, da parte di Soufiane, dei suoi migliori sentimenti; nelle parole sempre gentili che il ragazzo le rivolgeva; nella gratitudine che, al di là di ogni apparente durezza, riusciva a dimostrarle.
"Psicologicamente" pensava Isa " si direbbe compensazione - e non so fino a che punto sia un sentimento sano".
Ma Isa credeva più nel suo cuore, piuttosto che nella psicologia e continuava a rincorrere Soufiane nelle peripezie della sua travagliata vicenda personale, tentando di dimenticare le accuse del Cappellaio Matto, la crudeltà del suo tono di voce mentre pronunciava giudizi taglienti sul suo conto.
«Perché te ne importa tanto?» le domandava C. Isa taceva, poiché non poteva né sapeva rispondere...

[1] E. De Luca, Tu, mio, Feltrinelli, Milano 1999.

2 commenti:

  1. Ti stringo. Con Soufiane, è nato per andarsene... domani ti scrivo cosa ho visto, perché più se ne andrà, maggiore sarà il vostro legame :*

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  2. Ti apetto. Perdona la licenza poetica della "carta ingiallita": è comunque come se fosse così... :)

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