La malattia di Mickey, il "piccolo cane rosso" si manifestò intorno alla metà del mese di giugno del 2011. All'inizio, Isa scambiò per un ascesso il gonfiore esteso alla mandibola inferiore; in realtà, si trattava di un melanoma.
«Il melanoma è un killer» disse tristemente il veterinario, nel tentativo di prepararla all'inevitabile. «I casi di mortalità sono elevatissimi. Proveremo a operarlo, naturalmente; ma non so quale potrà essere l'esito dell'intervento...»
Dopo l'operazione, Isa si chiuse insieme a Mickey nella Casa dei Ranocchi. Lui era sempre rimasto al suo fianco, fedele e discreto; abbandonarlo ora, anche solo per una semplice uscita con Cathy, le sembrava un ignobile tradimento.
Cercava di non pensare al sogno premonitore che aveva fatto pochi giorni prima del manifestarsi della malattia. Non si soffermava mai sul pensiero che presto Mickey (testimone amatissimo degli ultimi dodici anni della sua vita) non sarebbe più stato al suo fianco, a condividere pensieri e avvenimenti.
Isa preferiva dedicarsi piuttosto a rendere gradevoli e liberi da ogni affanno gli ultimi giorni di vita del cagnolino.
Durante il giorno, gli faceva ascoltare i brani di musica classica preferiti da nonno Francesco: Tchaikovsky, Mozart, Albinoni, Debussy, tutti i Notturni di Chopin... Mickey si acciambellava nella cuccia con gli occhi chiusi, ai piedi di Isa che scriveva o leggeva, e restava immobile per ore.
Alla sera, era necessario aiutarlo a pulirsi, poiché era diventato così debole da non riuscire più a lavarsi. Isa gli passava allora un paio di salviette inumidite su tutto il corpo e un batuffolo di acqua borica sugli occhi lacrimosi. «E' sempre stato un animale così pulito!» raccontava a Cathy per telefono. «Evitava perfino le pozzanghere, quando pioveva! E ogni sera, appena finito di mangiare, andava a strofinarsi per bene la bocca sul suo tappeto... Immagino che non gradisca, ora, sentirsi sporco e trascurato...»
Terminata la pulizia, si sistemava accanto a lui e gli leggeva ad alta voce qualche pagina di romanzo o una poesia. Anche i gatti si sistemavano sul divano ad ascoltare. Isa lesse l'intera Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare (l'uccello bianco, l'uccello bianco!) e alcuni capitoli di Creature grandi e piccole di James Herriot.
Isa cercava in questo modo di esorcizzare la paura e la tristezza attraverso le parole; non sapeva se ci riusciva davvero o se fosse il suo piccolo cane saggio, a farglielo credere.
Mickey morì nel pomeriggio del 17 agosto. Fu necessario praticargli l'eutanasia, perché ormai non si muoveva più e si lamentava ogni volta che cercava di cambiare posizione e non riusciva a farlo.
Fu sepolto nel giardino della nuova "Casa del Mago", sotto l'albero del fico. «Il fico è così adatto ai morti...» commentò Nyc.
Il 18 agosto scoppiò il grande caldo di quell'estate. Isa continuava a pensare a ciò che aveva detto a Cathy, qualche settimana prima: «L'eccesso di caldo è una piccola morte, a tutti gli effetti».
Il fantasma di Mickey fu avvistato per la prima volta il 25 agosto, intorno alle cinque del pomeriggio. Da parecchi giorni Isa diceva di sentirne lo scalpiccìo delle zampe per casa, ma nessuno le aveva dato retta: amici e parenti pensavano che fosse semplicemente molto stanca, forse un po' esaurita, a causa delle lunghe settimane trascorse senza mai svagarsi.
Quel pomeriggio, però, mentre erano sedute nel cortile sul retro a bere infuso di karkadé freddo e a discutere sugli ultimi avvenimenti riguardanti i personaggi secondari di questa storia, Cathy e Isa sentirono chiaramente la coda di un animale sfiorare i loro polpacci. Balzarono in piedi spaventate, restando ai lati opposti del tavolino e guardandosi in silenzio l'un l'altra per alcuni interminabili secondi.
«I gatti...?» sussurrò infine Cathy.
Isa scosse la testa: i gatti erano tutti chiusi in casa - e lo sapevano entrambe.
«Oh cielo...» mormorò allora Cathy, torcendosi le mani.
Isa strinse le labbra. «Al mio tre, solleviamo la tovaglia. Sei pronta? Uno, due e... tre!»
Alzarono i lembi della tovaglia a fiori, ma sotto il tavolo (come avevano sospettato) non c'era nessuno. Nessun animale, nessuna coda scodinzolante.
Cathy guardò Isa significativamente: «Tu pensi che...?». Parlavano a bassa voce, con mezze frasi, quasi non volessero disturbare l'ospite invisibile.
«Io non penso - io so che si tratta di Mickey» rispose Isa, iniziando a sparecchiare nervosamente.
«Non ti crederà nessuno.»
«Nyc mi crederà.»
«Oh, lei sì! Ma gli altri?»
«Non ho bisogno che mi credano, Cathy.»
«No, certo. Tuttavia... sarebbe bello poter avere la certezza che si tratta proprio di Mickey e non di... che ne so?... di un abbaglio... o del fantasma di qualche altro cane!»
«E allora? Cosa possiamo fare?»
«Domani porto con me la macchina fotografica.»
Cathy possedeva una vecchia macchina fotografica a pellicola: era convinta, infatti, che, per immortalare un cane-fantasma, occorresse uno di quei vecchi aggeggi, anziché una modernissima e compatta macchinetta digitale.
Così, il pomeriggio successivo tornarono ad apparecchiare per la merenda il tavolino nel cortile posteriore: la stessa tovaglia, infuso di karkadé e quel particolare tipo di biscotti al mais, che in vita Mickey aveva apprezzato parecchio.
Sedettero con un certo nervosismo e cominciarono a chiacchierare. Dopo qualche minuto, un martin pescatore volò basso sulla roggia, distraendole all'unisono; e proprio mentre erano voltate verso la recinzione, ebbero l'impressione che un paio di zampette impertinenti si fossero appoggiate sul tavolo, tirando la tovaglia. Si girarono, ma non videro nulla. Cathy, allora, si alzò ed estrasse la macchina fotografica dalla borsa. Disse a Isa: «Rimani seduta e sorridi» e scattò.
Una settimana più tardi, quando andarono dal fotografo a ritirare le stampe, rimasero senza fiato e dovettero sedere sulla prima panchina che trovarono, per non vacillare: la fotografia ritraeva Isa seduta sulla seggiola da giardino, sorridente, i capelli neri sciolti sulle spalle. Accanto a lei, col musetto sollevato e le orecchie girate all'indietro, come in attesa di un bocconcino, c'era la sagoma evanescente di un piccolo cagnolino rosso...
A partire da quel pomeriggio, le apparizioni di Mickey divennero una consuetudine.
Certo, non appariva a tutti e, quando Isa e C. avevano ospiti, il cane-fantasma preferiva rimanere in disparte. Tuttavia, quando in casa arrivavano gli amici di sempre (Cathy, Nyc, D., la "Zia", M....), non era raro sentire rumore di unghie sul pavimento, uno sventolare di coda contro le ginocchia ed era facile scorgere (con la coda dell'occhio e sempre e solo per una frazione di secondo) un'ombra rossa svoltare l'angolo del corridoio.
Per Isa, la presenza di Mickey, seppure in versione ectoplasmica, era una consolazione. Continuava a piangerlo e si struggeva di non poter più affondare le dita nel suo morbido pelo, così come di non poter più osservare la dolcissima espressione di quegli occhi nocciola; però aveva la certezza che, se gli avesse parlato, se lo avesse chiamato, lui l'avrebbe sentita.
Era il suo cane, dopotutto; non l'avrebbe MAI abbandonata...