mercoledì 23 novembre 2011

I gatti di Théophile-Alexandre Steinlen




Théophile-Alexandre Steinlen nasce il 10 novembre del 1859 a Losanna, in Svizzera, da una famiglia di artisti: sia il padre sia il nonno amavano la pittura, passione che trasmisero al giovane Théophile. Quest'ultimo, nel 1879 va a lavorare in Germania, presso il laboratorio dello zio, dove si stampavano tessuti: anche in questo campo, ha modo di far fruttare la sua passione per il disegno, che si rivelerà molto utile anche in ambito artigianale.
Nel 1881 si trasferisce a Parigi, nel quartiere di Montmartre. In questo periodo entra in contatto gli artisti e i bohèmien della capitale francese. Conosce, fra gli altri, Toulouse Lautrec ed Emile Zola, al cui romanzo L'assommoir dedicò uno dei suoi quadri. Diviene altresì assiduo frequentatore del caffé artistico e letterario Le chat noir (di proprietà di Rodolphe Salis), che ebbe la sua prima sede in boulevard de Rochechouart. Ne realizza addirittura la celebre insegna, avendo così occasione (data l'intitolazione del locale) di dimostrare - oltre al proprio talento artistico - anche la sua grande passione per i gatti.
Steinlen ama infatti profondamente questi misteriosi animali - al punto che la sua casa in rue Caulaincourt diventa in breve tempo il punto di ritrovo di tutti i gatti di Montmartre. L'abitazione viene non a caso soprannominata "le coin des chats", "l'angolo dei gatti".


Nell'opera di Steinlen, i ritratti di gatti si mescolano armoniosamente con altri soggetti, che raffigurano quell'ambiente bohème e popolare che l'illustratore aveva scelto per sé e per la propria opera: accanto ai bene amati piccoli felini (che Steinlen disegnava nella comodità delle loro case oppure per strada, lungo le vie di Montmartre) troviamo soldati, lavoratori, musicisti squattrinati, prostitute, operai e mendicanti. I gatti accompagnano armoniosamente (sebbene sempre con un certo altezzoso distacco) quest'umanità bizzarra e affascinante - essi stessi emblema della joie de vivre, a scapito di qualsiasi miseria.
Emblematico, a tale proposito, è Le chat noir Gaudeamus, dipinto nel 1890 per il locale di Rodolphe Salis, che raffigura un impetuoso gattone nero, impegnato (ad artigli sguainati) a sventolare una banidera rossa, recante la scritta "Gaudeamus". Il riferimento è una canzone goliardica in latino, che recita: «Godiamo ordunque, mentre siamo giovani. Dopo l’allegra gioventù, dopo la scomoda vecchiaia, ci riceverà la terra!». La vita contro la morte, dunque - e la forza vitale (ed enigmatica, affascinante) del gatto quale metafora della forza umana, capace di far fronte ad ogni affanno.

Steinlen muore a Parigi, nel 1923, in seguito ad un attacco cardico.

Le chat noir Gaudeamus, 1890.

mercoledì 16 novembre 2011

Mille e mille candele accese

17 novembre 2011: festa del gatto nero


I gatti neri danno l'impressione di portare sfortuna solo a coloro che, quanto basta insoddisfatti della propria vita, agiscono in modo tale da condurre l'infelicità anche nelle vite altrui.
Per questo genere di individui i gatti (e i gatti neri più di tutti gli altri) nutrono una sorta di naturale disprezzo; li guardano dall'alto in basso, con un ironico sorrisetto mal celato tra le vibrisse, acuendo così, nelle loro "vittime" designate e preferite, l'impressione di essere perseguitate da chissà quale iattura.
In realtà, alcune persone non sono vittime d'altri che di se stesse - e, al contempo, pur di non ammetterlo, farebbero di tutto per mettere a tacere chiunque sappia far risaltare (con sagace impertinenza) il loro sentimento di frustrazione e inadeguatezza.

Isa, nelle serate del 16 e 17 novembre, accese due candele sul davanzale della finestra della cucina: una (come di consueto) era per Mickey; l'altra, per tutti i gatti neri vittime dell'ignoranza, della superstizione e della crudeltà di alcuni biechi esseri umani...


Gattivity: domani una candela ricorderà i gatti più sfortunati
A coda alta: il Libro del Gatto Nero 2011

venerdì 11 novembre 2011

I gatti di Michel Leu

Happy Work for Happy People


 

Le annotazioni sul diario di Isa, a proposito dei gatti di Michael Leu

Colorati, sonnolenti, compagni fedelissimi (e silenziosi, viene da pensare osservandoli) delle donne insieme alle quali vengono ritratti, i gatti di Michael Leu trasmettono una sensazione di pace - protagonisti come sono di un'esistenza condotta all'insegna della lentezza, dell'eleganza e della contemplazione.
Eccoli, dunque, addormentati placidamente fra le braccia delle loro amiche e complici (in campagna, sopra un divano, davanti alla Tour Eiffel...) oppure presenze delicate nel corso di tea time all'aperto (pare che splenda sempre il sole, nelle opere di Leu), apéritif parigini e rêverie al chiaro di luna. A tale proposito non si può non notare l'evidente familiarità dei piccoli felini con l'elemento femminile e lunare, di cui appaiono quale naturale complemento - autentica summa dell'equilibrio proposto da Leu nelle sue tele.
Tutto suscita un senso di benessere, un sorriso, [...] un piacevole istante, una più ampia comprensione di ciò che ci circonda... (Dall'introduzione del sito di Michael Leu.)

martedì 8 novembre 2011

Elegance of mind

Ovvero: dove si cucina una torta al cocco e si fa una breve carrellata dei personaggi secondari.

Parte prima
A essere sincera, non le piaceva. Non voleva rivelarsi affrettata nel criticare ma sospettava che non vi fosse in lei vera eleganza: - disinvoltura, non eleganza. - Era quasi certa che, trattandosi di una giovane donna, di una estranea, di una sposa, vi fosse in lei troppa disinvoltura. La sua figura era piacente; il viso non privo di bellezza; ma né i lineamenti, né l'aspetto, né la voce, né i modi erano eleganti. (1)
Così Emma Woodhouse rifletteva a proposito dell'orribile signora Elton; e Anna Luisa Zazo commentava in nota:
"Eleganza" (elegance) è una parola chiave nel vocabolario di Jane Austen. Non indica, o non indica quasi mai, la ricchezza, nell'accezione ha in espressioni quali a life of elegance; e non indica soltanto la grazia, il buon gusto nel vestito e nei modi; ma, attraverso questa forma esterna di eleganza (nell'abbigliamento e nel portamento), allude a una forma interna di equilibrio, di pienezza, di giustezza, di armonia che rappresenta chiaramente per l'autrice un ideale, e che si esprime con chiarezza, usata tra l'altro in Persuasion, "elegance of mind", "eleganza della mente". La condanna di Emma nei confronti della signora Elton è di conseguenza molto più severa - e di natura più "morale" - di quanto potrebbe apparire. (2)
Se Isa andava andava con la memoria a storie e persone del suo passato, non poteva fare a meno di notare (con una sorta di saggia crudeltà) quanto poco "eleganti" fossero (alla maniera auteniana) alcuni personaggi con cui lei, Cathy e molte altre persone che le erano care avevano intrecciato (per periodi di tempo più o meno lunghi) le loro vite.
Chiuse il libro, scese in cucina e iniziò a preparare la torta al cocco che aveva promesso a C.
Farina integrale, cocco in polvere, latte vegetale, un pizzico di lievito... Cucinare dolci era una questione di equilibrio, di scelte (3) giuste. Mentre Isa impastava, ripensando a Emma,si rendeva conto che non tutti erano in grado di osservare la realtà con disincanto, comportandosi con consapevolezza, riserbo e, appunto, eleganza.
Non era consapevole (né tantomeno elegante!) D., quando si ostinava a intrecciare relazioni sentimentali con donne di dubbia maturità e intelligenza, riducendosi poi a piangere sulle ceneri dei suoi (numerosi) defunti amori.
Dimostrava una stupidità quasi infantile il "Cappellaio Matto", che viveva in un'eterna vacanza, senza preoccuparsi del futuro. (Perché non voleva vederlo, il futuro? Perché perfino il suo presente risultava alquanto povero? - si domandava Isa amalgamando per bene gli ingredienti e infornando la teglia con un po' di burro, affinché si sciogliesse nel tempo desiderato.)
Era indiscreto (4) E., che ogni quindici giorni si diceva innamorato e/o alla ricerca della persona giusta con cui trascorrere il resto della sua vita e poi, puntualmente, cambiava idea, raccontando a chiunque volesse ascoltarlo della sua vita sentimentale e (perché no?) sessuale, sviscerando dettagli con una cordialità da osteria che Isa deprecava sopra ogni cosa.
Non possedeva "elegance of mind" neppure Luna, se intendiamo con quest'espressione "equilibrio, giustezza e armonia": non era certo equilibrato (né gentile!) abbandonare un'amica di lunga data senza spiegazione alcuna, adducendo come unico pretesto la mancanza di tempo libero.
Quanto alle "tre Grazie" (amiche di E., non sembravano nutrire una grande simpatia né per Isa né per Cathy)... erano quanto di meno elegante Isa potesse immaginare - sempre in cerca com'erano di un uomo che fornisse loro uno spunto per essere donne.

Certo, era divertente osservare le mancanze altrui, annotarle con parole sapide sul proprio diario, discuterne con Cathy, la "Zia" e M. Ma ciò non contribuiva a migliorare la situazione: Isa e Cathy continuavano a sentirsi bistrattate, estranee ad un mondo che girava (vorticoso) intorno ai seguenti capisaldi:
• è opportuno (nonché divertente) sbandierare ai quattro venti i particolari più intimi della propria vita interiore, senza badare se questo rappresenti o meno un impoverimento per l'individuo;
• una donna, senza un uomo, non è una donna;
• la solitudine è la peggiore delle sfortune: pur di non restare soli, un uomo e una donna devono fare di tutto per accaparrarsi un compagno - di vita o di letto;
• non occorre avere consapevolezza di sé, per sentirsi appagati.

Isa sospirò mestamente, mentre infornava la torta (trentacinque minuti a 180°: per non sbagliarsi posizionò il timer a forma di gatto che, col suo trillo, terrorizzava Emma). Aver trovato il bandolo della matassa era già importante. Ripeté dentro di sé quella sequenza di tre parole che continuava ad affacciarsi alla sua mente (eleganza, consapevolezza, discrezione), come se si trattasse di una formula magica.
Aveva una bussola, ora; una direzione da seguire. Il resto contava poco - doveva convincersene.

(1) J. Austen, Emma, 1815, trad. it. Emma, Mondadori, Milano 2002, pp. 270-271.
(2) Ivi, p. 494.
(3) Da un punto di vista etimologico, la parola "eleganza" deriva dal latino eligere, che significa (appunto) "scegliere".
(4) Ancora dal dizionario etimologico: «"Discreto", da discernere, cioè "saper formare giudizi secondo la verità».


(Nella foto in alto: Gwyneth Paltrow in Emma di Douglas McGrath, 1996.)


La ricetta della torta al cocco

Ingredienti
250 g di farina integrale
50 g di fecola di patate
140 g di olio di semi di mais
150 g di zucchero di canna
9 g di lievito vanigliato
100 g di cocco a scaglie (in polvere)
200 g di acqua
Zucchero a velo e cocco in polvere (per la guarnizione)
Eventualmente: un po' di latte vegetale

Preparazione
Mescolate in una terrina la farina, la fecola, il lievito, lo zucchero e il cocco. Aggiungere poco alla volta l'olio, l'acqua e (se notate che l'impasto rimane poco fluido) un po' di latte vegetale (di soja, ad esempio). Infornate per 35/40 minuti a 180°. A fine cottura, quando la torta si sarà raffreddata, cospargetene la superficie con zucchero a velo e cocco in polvere.

(Nella foto in alto: torta al cocco di Isa.)