... "certe questioni", tuttavia, esercitavano da sempre su Isa una malìa bizzarra.
Perciò, durante uno dei giovedì mattina trascorsi con Federica a ripulire le stanze del primo padiglione, Isa raccontò all'amica quanto letto in rete e sui giornali.
«Lo sapevo» rispose Federica, armata di guanti e spazzolone, continuando a lavorare. «Sai, qui le voci corrono... Noi» (e con "noi" intendeva il piccolo drappello di disciplinatissime gattare che gestiva la colonia da molto tempo prima dell'arrivo di Isa) «questo posto lo abbiamo girato in lungo e in largo: siamo state nei padiglioni più diroccati, nelle cantine, nelle soffitte... Non abbiamo mai visto niente. Niente di niente. Né ci è mai successo nulla.»
Isa sorrise, pensando di essersi lasciata suggestionare. Stava quasi per cambiare argomento, quando Federica aggiunse: «Per quanto... quando i gatti erano nell'altro padiglione (quello più in fondo... sai che abbiamo dovuto spostarli - te l'ho già raccontato)...»
«Che cosa è successo?»
«Ecco, c'erano alcuni gatti che non volevano stare di là. E altri che si comportavano in modo strano.»
«Ad esempio?»
«Ad esempio Pelliccia: lei non si lasciava toccare, quando eravamo nell'altro padiglione. Poi, quando l'abbiamo trasferita qui, insieme agli altri, è cambiata - da così a così.» E fece un gesto eloquente con la mano.
Isa conosceva bene Pelliccia, una vecchietta a pelo lungo, tigrata e affettuosissima: era tra le sue preferite, fra loro si era creata una simpatia istantanea, un'adorazione reciproca fatta di miagolii soffocati e parole pronunciate sottovoce.
Pelliccia seguiva Isa ovunque e, non appena la donna si sedeva su una sedia o sulla panchina del giardino, la gatta non esitava a sistemarsi sulle sue ginocchia, ronfando sonoramente.
Isa non riusciva proprio a immaginare una Pelliccia schiva e selvatica e non riusciva a capire come un semplice trasloco avesse potuto renderla la gatta tranquilla e socievole che conosceva.
«A meno che tu non captassi qualcosa, con quelle tue vibrissette!» le disse scherzosa, mentre le accarezzava la schiena, tornando col pensiero al bisnonno Carlo e ai soldati uccisi.
«Comunque, è per via dell'eccidio... Quello dei soldati fascisti. Dicono che li abbiano seppelliti qui. Non sai quanto è grande, questo posto.»
Isa, in effetti, non ne aveva che una vaga idea. Si ripromise, perciò, di effettuare il prima possibile un giro di ricognizione di tutta la struttura e del parco che la circondava, armata di macchina fotografica e di blocchetto per gli appunti.
Dopotutto, in quel vecchio ospedale psichiatrico era racchiuso anche un pezzo della sua storia familiare.
«Che cosa dici, Pelliccetta? Andiamo in esplorazione?» domandò alla gatta, in piedi di fronte a lei sopra il tavolino del corridoio. La gatta le rispose con un miagolio appena accennato, fissandola intensamente con l'occhio buono che le era rimasto...
Pelliccetta... |
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