mercoledì 20 ottobre 2010

Dell'intrecciarsi di gatti e destini - Parte seconda

Parte I

A.
, ovvero l'Ipocrita, era belloccio. Non possedeva la grazia di Emiliano, né la fisionomia aperta e rassicurante di D., ma aveva una cert'aria scanzonata che piaceva alle donne.
Era convinto di essere molto sfortunato e cercava perciò di rifarsi a scapito di coloro che lo circondavano: i genitori, gli amici, la fidanzata, la passioncella di turno...
Desiderava tutto e il contrario di tutto e, per ottenerlo, inventava una menzogna dopo l'altra.
«E' un "bugiardo patologico"» citò Isa durante una cena con Luna, la "Zia" e M.
Da qualche mese, infatti, sosteneva lo sgradito ruolo di "amante", "terzo incomodo", "altra donna".
«Potrebbe diventare un ottimo scrittore, se solo conoscesse meglio la grammatica e l'ortografia» replicò M., che detestava A. per le sue lacune sull'utilizzo di apostrofi e accenti e - peccato imperdonabile - per la sua mancanza di riguardo nei confronti di Isa.
«E' convinto di essere un Casanova» proseguì la "Zia" con una smorfia di disgusto. «Vi ammalia tutte con la storia della sua disgraziatissima vita; e voi, pronte ad abboccare all'amo come stupidi pesci!»
La "Zia" non aveva torto. L'Ipocrita era solito affermare di essere cresciuto "tra molte difficoltà" non meglio definite, levando uno scudo di carta a protezione della propria bassezza morale. «Ingannare me non è facile!» si vantava.
Non si rendeva conto di essere stato smascherato mille volte e mille volte perdonato in nome di quell'amore che non meritava.
Conobbe Isa in ottobre e a novembre già l'amava alla follia. La pensava di giorno e la desiderava di notte, mentre divideva il letto con la fidanzata.
«Io ti amo!» esclamava con sanguigno fervore. «E ti giuro che fino a oggi non l'avevo mai detto a nessuna donna!»
Isa avrebbe voluto domandargli come potesse, dunque, accettare l'abbraccio di un'altra donna; ma sapeva che avrebbe dato inizio a lunghi e dolorosi battibecchi. Così si limitava a sorridergli. fingendosi orgogliosa di un amore tanto modesto.
L'Ipocrita si permetteva addirittura di sfogare sulle due scioccherelle i suoi malumori: quando sentiva crescere la noia o il nervosismo all'interno della famiglia superava i livelli di guardia, trovava comodo prenderle a male parole, fingendosi poi gravemente afflitto. Dopotutto, non era forse colpa di Isa e della bistrattata fidanzata, se non si sentiva appagato?
Isa, dal canto suo, lo cercava al telefono, implorandolo di confidarle le sue pene: una parte di lei era ancora convinta della bontà di A. e tentava, cieca e disperata, di aggrapparsi all'ultima speranza. «Ma che cos'hai? E' colpa mia? Ti ho fatto qualcosa? Ti prego, parla...»
«Insomma, voglio stare solo, per riflettere sui casi miei. Mi farò vivo io, quando mi sarà passata...»
E la ragazza attendeva, consumandosi. Non mangiava, non dormiva, piangeva spesso.
Né era in condizioni migliori la fidanzata ufficiale: tramite amici comuni, Isa era venuta a sapere che anche lei continuava a perdere peso e si rifiutava di uscire di casa.
Eppure nessuna delle due sembrava intenzionata a desistere: entrambe volevano conquistare in esclusiva l'affetto di quel bel campione.
Quanto all'Ipocrita, nei momenti buoni affettava sofferenza e contrizione. «Non sai quanto mi dispiaccia allontanarmi da te» diceva a Isa, «ma cerca di capire: mi trovo in una situazione difficile!»
Non aveva torto: doveva tenere a bada due donne contemporaneamente ed era costretto a mentire ogni giorno in maniera convincente.
«Porta pazienza» diceva all'una. «Vedrai che un giorno avremo la nostra felicità!» E all'altra: «Amore mio, non devi essere gelosa: tu sei la cosa più bella che io possieda!».
Quando, finalmente - in seguito all'arrivo di C. - si ruppe l'incanto, Isa si sentì molto leggera e molto sciocca. Pensò all'Ipocrita dapprima con rabbia e poi con divertito distacco. Ritenne tuttavia che fosse un peccato gettarsi alle spalle la sua unica e disastrosa esperienza di amante senza cercare di ricavarne del buono. Perciò, dopo mesi, scrisse un gustoso raccontino a proposito di due donne ingenue e di un uomo bugiardo e vanaglorioso. Compiuto quell'esorcismo, tornò a respirare...

Il lettore avrà notato che, nel corso delle ultime (dis)avventure sentimentali di Isa, nessun gatto aveva preso il posto di Atena. Isa e Mickey erano rimasti soli: il cane quieto e silenzioso e la trepidante giovane donna che amava vestirsi di scuro e leggere storie lacrimevoli e tormentate. Paola, la madre di Isa, del resto, era stata chiara: per quanto avesse amato Atena, quell'irascibile gatta aveva combinato troppi disastri in casa e la signora non si sentiva pronta, in tempi brevi, alla convivenza con un nuovo felino. Isa si straziava e, riconsiderando a distanza di anni gli avvenimenti di quel periodo, si convinse che forse, se accompagnati da un gatto, lei e Mickey avrebbero commesso molti meno errori di valutazione. Il suo desiderio, tuttavia, non sarebbe rimasto ancora a lungo inappagato...

Continua...

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