mercoledì 13 ottobre 2010

La melagrana e Madame Bovary

Il sapore asprigno della melagrana la riportò all'ansietà e al malumore soffuso di quegli ultimi giorni di settembre.
L'incertezza riguardo alla buona riuscita della torta non faceva che aumentare il suo senso di precarietà: i dolci sono per natura bizzosi e imprevedibili.
Ruppe le uova pensando a Madame Bovary: il libro era abbandonato sul divano, il segno tra la pagina 260 e la 261. Riguardo alla bizzarra associazione mentale, fu forse suggerita dalla potenza simbolica del frutto che aveva appena finito di spremere. Frutto dei morti e delle donne, si sa.
Quanto alla sfortunata moglie di Charles Bovary (pensò Isa iniziando a rompere le uova, per mescolarle al resto dell'impasto), era chiaro che soffrisse di una grave forma di mancanza: d'amore, di conoscenza dell'amore (in seguito al matrimonio frustrante con l'uomo sbagliato) e di contatto con la vita reale.
«Emma vive e non vive» sentenziò Isa mescolando gli ingredienti col solito cucchiaio di legno. Cagliostro, seduto educatamente sul davanzale della finestra, chiuse pigramente gli occhi e li riaprì, come chi in merito la sapesse lunga.
Non avendo saputo adattare se stessa alla propria vita né viceversa, Emma era lontana da tutto e da tutti, protetta da una sorta di campana di vetro contro cui, accecata, andava a cozzare simile a una falena impazzita. Non c'è spazio per la moralità, nell'ambito del suo frenetico movimento emotivo.
«Per questo difficilmente si può considerare la Bovary un personaggio negativo nel senso convenzionale del termine.»
Isa (che, dopo la presa di coscienza dell'incostanza dei suoi sentimenti, rifletteva spesso sul tema del tradimento) non riusciva a giudicare severamente la povera Emma. In fin dei conti, attraverso le relazioni extraconiugali ("Il sesso!" si corresse mentalmente, versando il succo di melagrana nella terrina: per quale motivo si era sempre reticenti a parlare di sesso in ambito letterario?), non faceva altro che tentare di affermarsi: non socialmente, ma dal punto di vista esistenziale. Per esistere, Emma doveva illudersi di riuscire ad amare ed essere amata. E quale dimostrazione, quale pegno d'amore può essere più importante dell'atto sessuale?
Molte donne si concedono (a uomini sbagliati, egoisti o che - semplicemente - non possiedono le loro stesse inclinazioni e non condividono i loro desideri) per esistere; per affermare l'interezza di un io che va disgregandosi.
Con un coltello robusto, Isa tagliò a metà la grossa mela renetta e cominciò a sbucciarla. Ecco: la divisione. "Si tradisce per reagire a un'assenza insopportabile, dell'oggetto amato oppure di se stessi" pensò la donna, sfregandosi una guancia con le mani ancora sporche di farina.
Mancare a se stessi è l'accidente peggiore che possa capitare.
«E il tradimento» disse Isa di nuovo a voce alta, puntando il coltello verso Cagliostro, che la fissò senza stupore «è una fuga pericolosa, che taglia i ponti col passato!»
Non poteva esistere regressione né ritorno dopo il tradimento, lo sospettava.
Ora, Emma si era allontanata (da se stessa, dalla vita reale, concreta e quotidiana, più che da Charles) poiché possedeva la disperata volontà di esistere e, per realizzarla, non aveva trovato altro mezzo che l'amore. Ma la mancanza di vero amore ("Confondere l'amore sessuale con la dolcezza di un sentimento sincero può essere oltremodo pericoloso" rifletté Isa versando l'impasto nella tortiera imburrata) l'aveva spinta lungo una strada pericolosa, dalla quale non era stato possibile tornare indietro.
L'unica soluzione, a quel punto, era il suicidio.
Isa prese a disporre le fette di mela con ordine sulla torta, sistemandole in due cerchi concentrici.
Ordine. Cosmo.
«Sai, esistono due tipi di morte...» Il gatto nero aprì completamente gli occhi che fino a quel momento aveva tenuto socchiusi, destato da un improvviso interesse. «La morte che riporta un certo ordine, perché necessaria, naturale, giusta. E quella orribile, perché ci sprofonda nell'oscurità, nell'indeterminatezza, senza pace.»
La morte di Emma era una morte caotica, definitiva, distruttrice di qualsiasi affetto o vincolo.
La morte più orribile che si potrebbe immaginare. Com'era possibile, dunque, rimproverare una donna che era andata incontro a un così doloroso destino?
Infornò la torta, si lavò le mani, le asciugò nel grembiule (un vizio che aveva ereditato dal Professore) e corse a prendere il libro, ormai lontana dalla cucina e dalle incombenze domestiche.
Cagliostro la seguì. Clizia, sul divano, si stiracchiò pigramente, disponenendosi all'ascolto.

Emma si rialzò come un cadavere che venga galvanizzato, con i capelli sciolti, la pupilla fissa e vacua. "Per ammucchiar di buona lena / tutte le spighe ormai falciate, / la mia Nanette curva la schiena / verso quel solco che ce le ha date."
«Il Cieco!» gridò.
E si mise a ridere d'un riso atroce, frenetico, disperato, convinta di vedere la faccia repellente di quel disgraziato ergersi nelle tenebre eterne come uno spauracchio. [...] Una convulsione l'abbattè sul materasso. Tutti s'avvicinarono. Emma non era più.

Era tutto lì; in quell' "Emma non era più".
«Eccolo, il Caos!» Isa indicò il punto sulla pagina. Clizia le annusò il dito.
La giovane donna sorrise. Poi controllò l'orologio e calcolò che avrebbe dovuto estrarre la torta dal forno fra circa un'ora...

(Nella foto in alto: Jennifer Jones nel film Madame Bovary di Vincent Minnelli, 1949.)

2 commenti:

  1. Ciao, sono Cristina che ti scrive dal suo blog "segreto"... ssssshh... ;)
    Avevo postato un commento sulla morte di Emma ma mi si è cancellato. In sostanza dicevo che mi ha sempre fatto un po' paura mista a pena questa scena. Muore avendo davanti agli occhi un'immagine orribile. E poi il movimento "galvanico" è vagamente impressionante...
    Cristina (http://thesecretblog.splinder.com/)

    RispondiElimina
  2. Sì, ha sempre fatto lo stesso effetto anche a me... Qui non l'ho citato, ma... ricordi il passo in cui grida: «Ah, mio Dio, è atroce?». Non l'ho mai dimenticato, fin dalla prima lettura. Passarono molti anni, prima che rileggessi il romanzo per la seconda volta, ma quella singola frase l'ho sempre tenuta a mente. Non esprimeva solo l'idea della morte, ma tutto l'orrore che la morte può incutere...

    P.S.: vengo a trovarti sul blog! Non conoscevo questo link! Acqua in bocca! ;)

    RispondiElimina