venerdì 15 luglio 2011

Un gatto grigio scuro, quasi nero

Qualche tempo prima che Clizia sviluppasse l'insufficienza renale che la portò alla cecità (cfr. La storia della gatta contesa), C. disse di volere un altro gatto. «Mi piacerebbe un maschio.»
«Un maschio nero» precisò Isa, che per i gatti neri aveva sempre avuto un debole.
Si misero alla ricerca, nonostante sia risaputo che i gatti fanno capolino nelle scialbe vite degli esseri umani quando essi meno se l'aspettano e mai quando desiderano adottarne uno.
Il primo micetto nero che trovarono fu una femmina: nata nella cascina di un agricoltore del paese, era l'unica nera di una cucciolata di tigrati. C. era disposto a transigere sulla questione del sesso ma, quando andò a vedere la cucciolina, si spaventò: era una piccola furia. Durante la sua visita, in pochi secondi riuscì ad arrampicarsi sopra un cactus, ribaltare lo stendibiancheria e ridurre a brandelli un paio di tendine.
«Non possiamo mettere accanto a Clizia un terremoto simile» disse Isa; e Clizia, come se avesse sentito e compreso, entrò nella stanza e andò ad acciambellarsi sul divano con l'espressione più pacifica del mondo dipinta sul muso.
Delusi, accantonarono l'idea di mettersi in casa un nuovo gatto (nero).
L'occasione si ripresentò qualche settimana più tardi quando, parlando con la collega Valeria, Isa apprese che Paola, impiegata presso la biblioteca civica, aveva una passione per i gatti e tre cuccioli da sistemare.
Si accordarono per telefono. «Hai un maschio? C. vorrebbe un maschio...»
«Sì, un maschietto.»
«Ed è buono?»
«Finora non mi posso lamentare. Le sue sorelline... ecco, loro sono più agitate...»
«Il maschietto andrà benissimo. Di che colore è?»
«Grigio scuro, quasi nero.»
«Quando potresti portarmelo?»
«Martedì prossimo, va bene?»
Questa conversazione avvenne di venerdì; nei giorni successivi Isa cercò di immaginare come fosse un gatto "grigio scuro, quasi nero". Nella sua mente, riusciva a visualizzare un gatto grigio, della stessa tonalità color "certosino" di Clizia; poteva vedere un gatto nero - o un gatto tigrato; ma un gatto che fosse "grigio scuro, quasi nero" proprio non riusciva a immaginarlo.
A mezzogiorno di un nuvoloso martedì d'ottobre, Isa lasciò il suo ufficio nel palazzo del Comune (come ormai avrete capito, le attività lavorative della protagonista sono secondarie, in questo racconto, in quanto mutevoli e di breve durata), attraversò il cortile e la via adiacente e, armata di gabbietta, raggiunse la biblioteca civica.
Le colleghe l'accolsero cordialmente, con quella gioia frenetica che precede ogni passaggio di consegne. Il piccoletto era introvabile, perso fra gli scaffali, nella polverosa magia di quel mondo di parole stampate. Lo chiamarono più volte, agitarono il piattino delle crocchette. Alla fine Paola riemerse da dietro la scrivania col suo tesoro: un gattino di quattro mesi con il dorso nero - e le zampette tigrate color fuliggine. Un gatto grigio scuro, quasi nero. Isa lo prese in braccio e si fermò qualche istante a chiacchierare. Lui appoggiò la testolina sul palmo della sua mano e si addormentò.
«Come lo chiamerai?» domandò Paola.
«Ah, non te l'ho detto? Cagliostro. Un gatto nero non potrebbe chiamarsi altrimenti.»


Cagliostro, gatto di biblioteca. Si notino, sullo sfondo, gli scaffali e le copertine di alcuni libri.

Cagliostro si rivelò d'indole vivace ("Nera Pestilenza", amava chiamarlo Isa), ma di buon cuore. Era affettuoso, intelligente e Isa (che nel frattempo era di nuovo rimasta senza lavoro e dunque aveva molto tempo libero a disposizione, da trascorrere insieme ai suoi gatti) prese l'abitudine di fare con lui lunghe conversazioni.
Era dispiaciuta per il fatto che Clizia non avesse accettato di buon grado il nuovo arrivato (ma quale gatto lo fa? Inoltre, nel caso specifico, il nervosismo di Clizia era accentuato dal progredire asintomatico della sua malattia) e tentava di far divertire lei stessa il piccolo Cagliostro - dato che la gatta sembrava non avere nessuna voglia di giocare con lui e lo respingeva soffiando minacciosa - tenendolo sempre accanto a sé.
(Al contrario di Clizia, Mickey non ebbe difficoltà ad accettare il gattino come convivente: appena un paio d'ore dopo il suo arrivo, Cagliostro già rincorreva la coda del "piccolo cane rosso" e cercava di acciuffare con le zampette anteriori le sue lunghe, morbide orecchie pendule.)


Il piccolo cagnolino rosso e la nera pestilenza.

Col passare del tempo (e con l'arrivo di Emma, come si vedrà più avanti), comunque, l'equilibrio andò ricomponendosi: Clizia fu curata per la sua insufficienza renale e diventò più serena e la piccola Emma (adottata a settembre dell'anno successivo) divenne la compagna di giochi prediletta di Cagliostro che, insieme a lei, poté finalmente dare sfogo a tutta la sua vivacità di giovane gatto. Gli agguati ai danni della povera Clizia cessarono e Isa e C. poterono finalmente tirare un sospiro di sollievo.
Quanto a Cagliostro, Isa ebbe modo di notare - col trascorrere dei mesi e poi degli anni - quanto profondo fosse l'affetto che ormai lo legava a lei. «Gli altri possono essere "i gatti di casa". Ma questo - oh, questo è il mio gatto» amava ripetere Isa, con malcelato orgoglio.
«E menomale che l'ho voluto io!» si lamentava C., notando come Cagliostro si defilasse spesso quando lui lo accarezzava, mentre piegava la testolina in un gesto di inequivocabile infinito amore quando era Isa a dedicargli attenzione. D'altronde, non c'è nulla da fare: se un gatto sceglie di dare fiducia a un essere umano (e solo a quello), difficilmente gli si potrà far cambiare idea.
Cagliostro era bravissimo a captare i sentimenti e i malumori di Isa e a modulare su di essi il proprio comportamento: quando Isa era serena, se ne stava in disparte - anche per pomeriggi interi. Quando, al contrario, lei era malinconica, eccolo arrivare, discreto e silenzioso. Le sue fusa erano impercettibili, il suo tocco delicato. Le appoggiava una zampa sulla gamba, sulle mani, si strusciava contro la sua pancia - e Isa tornava a sorridere.
Quando il "Cappellaio Matto", a Natale del 2010, venne a casa di Isa per fare sfoggio di grettezza ed egoismo, Cagliostro gli dimostrò subito una palese antipatia. Mentre Isa piangeva, seduta sul divano, il gatto si mise accanto a lei, fissando gli occhi verdi in quelli piccoli e poco luminosi dell'uomo. Non si mosse dal fianco di Isa, nemmeno dopo che il "Cappellaio" se ne fu andato. Insieme, donna e gatto, rimasero per più di un'ora a fissare le luci intermittenti dell'albero di Natale, mentre i singhiozzi di Isa andavano calmandosi e il suo respiro si faceva più regolare.
Fu quella triste sera di dicembre che Isa comprese che Cagliostro era il suo "guardiano", capace di cogliere variazioni impercettibili (di qualunque natura esse fossero) e ad accompagnarle verso una tranquilla deriva.
Isa guardava con ammirazione alla dote nascosta del suo unico gatto maschio. (Ogni gatto possiede una dote nascosta e speciale, che non è evidente di primo acchito; per scoprirla, occorre saper osservare con attenzione il proprio felino e attendere con pazienza che abbia raggiunto l'età adulta.)
«Ho penato a lungo, Nyc, ma alla fine l'ho trovato!» disse un pomeriggio all'amica, nel corso di una lunga telefonata.
«Che cosa, cara?»
«Il mio Guardiano di Soglia!»
E così fu decretato: Clizia era "la Veggente"; Cagliostro "il Guardiano di Soglia".

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